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mercoledì 10 dicembre 2014

Perche' siamo contrari al commissariamento di Roma

In questi giorni stanno arrivando anche da parte di molti illustri amici di CSV segnalazioni di iniziative che chiedono a gran voce il commissariamento della capitale.

Pur comprendendo e condividendo il ... "moto di nausea" che li ispira, dovuto principalmente ma non solo ai vergognosi fatti di cronaca nera politico/mafiosa di questi giorni, non ci sentiamo di appoggiare l'iniziativa, per le ragioni che cercheremo di spiegare qui di seguito.

Nella storia della Roma repubblicana (dal 1946) vi sono stati la bellezza di sette Commissari Straordinari: Mario De Cesare (1946-47); Francesco Diana (1961-62); Angelo Barbato (1989); Alessandro Voci e Aldo Camporota (1993); Enzo Mosino (2001) e Mario Morcone (2008). I problemi sono rimasti gli stessi (trasporti, ciclo dei rifiuti, urbanistica, servizi pubblici, sicurezza, igiene e decoro urbano, etc) ed, anzi, si sono esacerbati, a dimostrazione del fatto che il commissariamento non ha portato i benefici attesi nel lungo periodo.

Siamo pregiudizialmente contrari a forme di "governo tecnico" a tutti i livelli perché riteniamo sia stato impropriamente usato nella storia recente (ultimo esempio a livello nazionale il governo Monti), come misura per consentire alla classe politica responsabile del malgoverno di nascondersi dietro ad una figura spacciata come estranea ai partiti, per poi ripresentarsi alle elezioni successive come nulla fosse successo, confidando sulla corta memoria degli elettori o sul prevedibile fallimento del governo tecnico.

I comuni vanno sciolti quando sia conclamata l'infiltrazione mafiosa con la giunta in carica, in base alle disposizioni della legge contro le infiltrazioni mafiose negli enti locali, ma questa disposizione non deve divenire una scusa per sopperire alla scarsa efficienza dell'azione amministrativa, alle indecisioni, alla pura incompetenza delle giunte, sperando nell'intervento risolutivo del demiurgo di turno.

Certo, e' possibile obiettare che se il Comune fallisce si trascina dietro anche aziende che magari non hanno colpe. Verissimo, ma non possiamo nemmeno continuare a fare come per le aziende in crisi, per le quali si socializzano le perdite e si privatizzano i profitti. Riteniamo, forse in maniera un po' cinica, lo ammettiamo, che prima o poi bisogna che i nodi arrivino al pettine ed i cittadini/contribuenti/elettori ci sbattano il muso, ed anche forte.
I più malpensanti aggiungerebbero anche che, la stragrande maggioranza delle aziende ha contratti con il comune perché hanno fatto impicci vari e compromessi con l'amministratore di turno. Ci dispiace per i pochi onesti, ma siamo convinti che se hanno le capacita', essi sapranno risollevarsi.

Non pensiamo quindi noi ai cittadini, al rischio che si crei (peggiori?) una catastrofe in corso? Che si blocchi la raccolta della spazzatura, l'illuminazione pubblica, ed altro ancora, prima a Roma poi magari in altre città?

Se questo e' il prezzo da pagare, ben venga. Noi crediamo che solo toccando il fondo si può risalire ... l'Italia e gli italiani hanno sempre dato il meglio di se' nei momenti tragici, meglio la prospettiva di un fallimento di alcuni comuni poco virtuosi che la palude attuale. Non che la cosa ci faccia particolarmente piacere, ma l'alternativa e' quella di continuare ad allungare il brodo ... a questo punto e' solo accanimento terapeutico.

Come siamo stati contrari al decreto "Salva Roma" di quest'anno e ad altri simili provvedimenti tappabuchi relativi ad altre città, come ad esempio Napoli (2014) o Catania (2013) giustificati esclusivamente da esigenze di tipo clientelare fra la politica nazionale e le amministrazioni locali, rimaniamo pregiudizialmente contrari a provvedimenti di questo tipo.

Si discuta di come premiare ed incentivare piuttosto le amministrazioni "virtuose", dell'applicazione del patto di stabilita' ma non si sottragga mai alla politica la responsabilità delle proprie scelte infelici. Altrimenti, tanto varrebbe commissariare tutto e ritornare al potestà piuttosto che finanziare farse elettorali inconcludenti.



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