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lunedì 28 dicembre 2015

Bilancio del 2015 e prospettive per il 2016

Anche questo 2015 sta passando agli annali della storia e siamo quindi pronti per cercare di tracciare un bilancio fra luci ed ombre dei temi che abbiamo trattato durante quest'ultimo anno solare.

Politica interna

Che dire ... piaccia o non piaccia, il 2015 si termina con Mattarella al Quirinale e Renzi e la sua squadra ancora saldamente in sella, più che per meriti propri per demeriti delle sedicenti alternative, prese fra la "politica delle felpe" di Salvini, la becera strumentalizzazione quotidiana della "sorella d'Italia" Meloni, l'inconsulto proliferare di sinistri "cespugli" alla sx del piddì fra i perdenti della storia  (Civati, Landini & Co.), che non trovano di meglio che scimmiottare i supposti alfieri della sx europea da Zapatero a Iglesias passando per Tsipras) salvo poi fungere da "quinta colonna" renziana alla bisogna, seguendo il buon esempio dell'ex enfant terrible Vendola.
E tutto ciò senza neppure tentare di analizzare ulteriormente il fenomeno grillino sul quale abbiamo scritto già abbondanti pagine.
Le elezioni amministrative 2015 ci hanno poi mostrato come il centrodestra orfano di Berlusconi sia definitivamente tramontato e molti dei suoi esponenti (Verdini in testa) siano ormai approdati alla corte del segretario fiorentino (Machiavelli ci perdonerà per l'irrispettoso accostamento).

L'opinione pubblica e la percezione dell'azione di governo risulta al solito polarizzata e la visione d'insieme lascia spazio troppo spesso alle beghe di cortile sui social ... per questo motivo abbiamo cercato di attenerci rigidamente a quello che un think tank quale siamo dovrebbe fare, vale a dire fornire stimoli utili alla politica in modo da proseguire (partire) sulla strada delle cosiddette riforme. Duole constatare l'assenza di ogni tipo di riscontro dai nostri "beniamini"(in senso di destinatari di tweets) (Mattarella, Renzi, Gentiloni, Pinotti, Padoan, Alfano) che mai ci hanno degnato di un riscontro, salvo poi impostare qualche correzione di rotta che ci ha fatto capire che il messaggio era giunto a buon fine. Come ci hanno fatto comprendere di essere nel giusto gli insulti ricevuti dal sedicente liberale Michele Boldrin e dal pessimo senatore pentastellato Giarrusso.

Tornando al tema delle riforme : Italicum (sul tema della formula elettorale siamo alquanto indifferenti dato che "...la sostituzione del "Porcellum" con "Italicum" da sola non basta per garantire la parità dei candidati alle elezioni, in quanto e' fondamentale un accesso libero e costante ai mezzi di comunicazione di massa tradizionali." ), buona scuola, job act, riforma del senato e varie astute leggi-mancia (insegnanti, 18enni, forze dell'ordine) hanno tenuto banco ma ancora non è dato vedere una vera svolta dal lato delle liberalizzazioni, della semplificazione amministrativa e della diminuzione della pressione fiscale che consenta un ambiente meno ostile all'impresa ed alla creazione di ricchezza.

L'anno si chiude con il compromesso storico di fine anno fra PD e M5S per l'elezione dei giudici della Consulta e con l'ennesima defezione del partito/movimento di Grillo/Casaleggio verso la grande balena biancorossa piddina. Nulla di serio né di nuovo sotto il sole.

Europa e politica estera

Abbiamo iniziato il 2015 ponendoci un interrogativo e cercando di dare qualche risposta rispetto all'attuale stallo del processo di integrazione comunitaria che dovrebbe portare un giorno alla creazione degli agognati Stati Uniti d'Europa ... ebbene oggi questa costruzione assomiglia sempre più ad un vecchio "elefante malandato" un sistema nel quale il processo burocratico autoalimentato ha da tempo sostituito la visione ed il senso di una missione comune. Due semestri interlocutori, nei quali la presidenza è stata esercitata da paesi "minori" ed assai diversi fra loro (Lettonia e Lussemburgo) , iniziate con buoni auspici (governi giovani e dinamici) ma che non sono riuscite ad affrontare con decisione risolutiva i nodi cruciali (allargamento, situazione in Ucraina e relazioni con la Russia; allargamento; rilancio del processo federale; trasparenza delle istituzioni) e che sono state loro malgrado travolte da questioni che hanno evidenziato i limiti gravissimi della costruzione europea: Grecia e crisi migranti.

 

Grecia 

La tragicommedia ha tenuto banco per buona parte del 2015; sul palcoscenico abbiamo assistito all'eterno gioco delle parti, all'altalenarsi di ascese rapidissime, speranze e scoramento, alla creazione di nuovi personaggi mediatici come Varoufakis e Tsipras, con una polarizzazione dell'opinione pubblica rispetto ai "buoni e cattivi" ... Davide contro Golia; la "Troika", la "kattifa Kulona", il perfido Schäuble; responsabilità degli "ellenici epicurei" vs "solidarietà collettiva"; soluzioni "esotiche" più o meno fantasiose; etc etc e risoltasi (?) nella miglior tradizione levantina con una crisi di governo teleguidata ed un accordo-ponte che garantirà stabilità fino alla prossima crisi sistemica.

 

Crisi migranti

Il secondo tema sul quale l'Europa ha rischiato di sfaldarsi definitivamente è stato quello della gestione del flusso dei migranti / rifugiati / richiedenti asilo o sedicenti tali. Dopo aver fatto bellamente spallucce quando l'afflusso toccava solo i paesi rivieraschi del mediterraneo ed aver pianto lacrime di coccodrillo ad ogni tragedia, gli stati membri fino ad allora non interessati direttamente del flusso (Germania e paesi dell'Europa centro orientale) si sono bruscamente svegliati dal lungo sonno e stracciandosi le vesti hanno dibattuto in un numero infinito di summit dedicati, ci si ritrova impantanati in un tira e molla ed una catena infinita di veti incrociati con l'unico comune denominatore dell'accordo-capestro con la Turchia del governo autoritario del cripto-islamista Erdogan ... tre miliardi di Euro per scaricarsi la coscienza dal problema fregandosene bellamente delle cause del problema e del trattamento riservato ai migranti nei campi di raccolta in Anatolia. Una brutta pagina di storia ed un altro provvedimento - tampone fino al momento in cui il califfo di Ankara non deciderà per qualche ragione di riaprire i rubinetti. Ça va sans dire che invece i provvedimenti roboantemente annunciati per la sponda sud del Mediterraneo segnino il passo e che non si trovi di meglio di prospettare soluzioni complesse (nuovi corpi ed agenzie preposte) che ritardano ulteriormente gli interventi invece di pensare a far funzionare quelle che già esistono. Rimangono ancora inascoltati gli appelli che lanciammo nel febbraio 2014 alla presentazione dei candidati alla carica di presidente della Commissione Europea ed in occasione della nostra visita al campo profughi di Calais oltre due anni or sono per una soluzione urgente che salvaguardasse vite umane ed aiutasse gli Stati Membri interessati a gestire con maggiore efficacia il flusso. Oggi ci troviamo di fronte a stati inadempienti (Italia inclusa) e Commissione che non ha saputo far meglio che produrre "10 punti" ed iniziare ipocrite procedure di infrazione dopo che Roma aveva incassato il plauso dell'ONU per la politica umanitaria Riguardo alla policy di CSV sul tema, rimandiamo al nostro editoriale del giugno scorso.

 

Spinte centrifughe e riassetto dell'Unione

Archiviato lo spauracchio del #grexit (l'uscita della Grecia dall'Unione con conseguente default) tiene ancora banco il tema del #brexit, vale a dire il referendum sulla permanenza nella UE della Gran Bretagna, sul quale abbiamo da tempo espresso due punti fermi:
  • il diritto in astratto dei cittadini di esprimersi su cosa essi pensiono sia meglio per i propri paesi (con tutto quello che ne consegue in termini di manipolazione dell'opinione pubblica e sulla sua corretta percezione dei termini della questione);
  • il richiamo al rispetto del principio di non ingerenza in questioni di competenza nazionale da parte di altri governi europei o della Commissione.
Quanto sopra per motivi squisitamente pragmatici e non ideologici ... come tutti i matrimoni e le convivenze si può stare bene assieme solo se si è in due a volerlo ... le insofferenze ed i distinguo che provengono anche da i maggiori beneficiari dell'Unione (prima il cattivo di turno, Orban, ora i beniamini di casa, i Polacchi tanto cari alle élites di oltre oceano) ci devono far riflettere nuovamente sul tema dell'allargamento e sulle negatività non controbilanciate da una adeguata e decisa svolta federale basata sul principio di solidarietà, fanno riprendere quota al vecchio tema dell'Europa a due (o più) velocità, che potrebbe essere la chiave di volta del "vecchio" nucleo storico per ripartire con slancio con chi "ci sta".

Le tensioni non sono solo fra il sistema verso la UE ma all'interno degli stati membri stessi ... la questione catalana è ancora all'ordine del giorno dopo le elezioni locali e dopo la situazione di "parlamento appeso" conseguente delle ultime elezioni politiche spagnole. Nuove spinte nazionalistiche si odono in Scozia dopo il flop dell'ultimo referendum. In Francia, le elezioni regionali ci hanno lasciato con l'exploit a metà del FN delle novelle pulzelle Marine&Marion, che si ripromettono di riprovarci alle presidenziali con la loro agenda "anti-tutto", mentre anche il (pessimo) governo socialista attuale cerca di scavalcarle "a destra" con la proclamazione dello stato di emergenza.

Sicurezza e crisi regionali

Sicurezza, crisi regionali, temi come migrazione, gestione dei rifugiati, equilibrio regionale e politica di potenza globale sono strettamente interrelati fra loro e per una analisi puntuale occorre innanzitutto una visione olistica, data l'impossibilità di trattarle in maniera separata per compartimenti stagni, da cui la conseguente difficoltà analitica. Cerchiamo quindi al momento di tracciare i segmenti principali per poi riprendere il filo nelle conclusioni di questo lungo editoriale.

Il 2015 è iniziato nel peggiore dei modi, come il massacro presso la redazione del periodico satirico Charlie Hebdo e culminata nella carneficina del Bataclan, sempre a Parigi. Difficile tracciare una linea netta fra il tema dell'ordine interno e l'importazione del terrorismo internazionale, misure immaginifiche ma non risolutive .   

 

Irredentismo islamista

Sempre difficile etichettare nominativamente il fenomeno in termini comprensibili e non semplicistici che siano intellegibili alla forma mentis dell'uomo medio di cultura occidentale quali noi siamo, che fatichiamo non poco a comprendere anche solo la punta dell'iceberg di questi eventi che trovano le loro radici nei millenni e sono alimentate allo stesso tempo dagli accadimenti contemporanei. Chiamiamolo Califfato, ISIS/ISIL/Daesh/Boko Haram/Shabab o come meglio preferiamo (anche stato minestrone); inquadriamolo nelle questioni degli ormai ex stati nazionali del post decolonizzazione di  Siria, Iraq, Libia e consideriamo che ormai il fenomeno ha creato ormai un continuum di fanatismo ideologico-religioso oliato dall'altrettanto atavico spirito commerciale che unisce il Mediterraneo al Golfo di Guinea, dove si intrecciano mondani interessi che uniscono petrolio, traffico di essere umani, tribalismo ed una cortina più o meno fumogena di fanatismo. 
In questo quadro già fragile e destabilizzato da improvvide primavere arabe fuori stagione in Siria e Libia con la partecipazione di interessati emissari di Parigi e Washington o dall'incancrenirsi di interventismi occidentali di lustri or sono come in Iraq o Afghanistan, consideriamo anche le manovre spregiudicate turche rispetto alla questione curda, il 2015 si chiude in maniera molto confusa e contraddittoria. Chiarito che il servizio esterno dell'Unione nella persona della Mogherini sono relegati ad "entité négligeable" causa la cronica assenza di personalità giuridica federale dell'Unione (tradotto: ogni stato membro fa come gli pare su questi temi), i nostri appelli per una convocazione immediata del Consiglio Supremo di Difesa per focalizzare le energie nella messa in sicurezza della Libia sono caduti puntualmente nel vuoto. Ciononostante, in questi giorni abbiamo assistito alla firma di un accordo di "unità nazionale" in Libia non si sa bene rappresentativo di chi e di cosa, sul quale il ministro Gentiloni pare nutrire molta fiducia (noi siamo assai scettici ma speriamo di sbagliarci).

 

Crisi Ucraina relazioni con la Russia

Su questo tema abbiamo speso fiumi di inchiostro e fare chiarezza si è rivelato una impresa che definire ardua è un eufemismo. La questione è oramai scivolata a livello di uno scontro fra le opposte tifoserie: tra gli "ultras atlantici" che vedono nella Russia e nelle sue manifestazioni il novello impero del male  opposti ai "talebani putiniani" per il quali l'inquilino del Cremlino rappresenta l'orgoglio euro-cristiano opposto alla nuova dittatura euroatlanticaplutogiudoislamomassonica e chi più ne ha più ne metta. Come al solito, la realtà sta nel mezzo ... non stiamo parlando né di paladini della libertà né di novelli epigoni di Stalin o Hitler ... nelle pianure dell'Ucraina orientale e sulle spiagge della Crimea si sta "semplicemente" svolgendo un nuovo capitolo dello scontro fra opposti interessi e consorterie, una "power politics 2.0" rispetto alla quale l'unico prevedibile sconfitto sarà la "vecchia" Europa, pronta a sacrificare i propri interessi strategici in nome della difesa di non si sa bene quali principi. Sin da tempi non sospetti ci siamo detti contrari alle sanzioni in quanto inefficaci e controproducenti, sia dal punto di vista economico sia di quello sostanziale, visto che isolando la Russia si rende solo più forte il regime autocratico del Vladimir nazionale. Al momento, abbiamo predicato al vento ... la situazione militare sul terreno appare congelata dopo un pesante bilancio in termini di vite umane (circa 9 mila morti) e sogni spezzati di una generazione.

 

Relazioni UE-USA/NATO

Nel centenario dell'entrata dell'Italia nella "Grande Guerra", prigioniera del gioco pericoloso di Ankara e Washington, l'Europa rischia di rimanere con il cerino in mano, rivelandosi a termine più realista del re qualora la tensione si allenti nella regione e le motivazioni attuali dei contrasti con Mosca siano sorpassate dagli eventi (leggi: soluzione al conflitto in Siria). Come abbiamo più volte rilevato, siamo per un ripensamento profondo degli assetti strategici ma ogni cambiamento dello status quo sarebbe prematuro e troppo rischioso in assenza di una vera svolta federale che sarebbe la precondizione necessaria per condurre a termine ad un dispositivo militare comune europeo in un contesto sufficientemente slegato dall'abbraccio mortale del complesso militar-industriale.

Economia & finanza

Nel gennaio scorso aprimmo con un editoriale sulla situazione finanziaria mondiale dove affrontavamo temi come:
  • Svalutazione dell'€uro rispetto al U$D;
  • Crollo del prezzo del petrolio;
  • Il tentativo di creare una valuta di riserva alternativa al dollaro da parte di Cina e Russia;
  • L'incertezza sulle strategie di FED e BCE
Alla fine del 2015 ci ritroviamo più o meno con gli stessi temi, con un timido accenno di rialzo dei tassi in USA e con il doping del Quantitative Easing di Draghi che stenta a sortire gli effetti sperati. Come abbiamo più volte evidenziato, agire su questi meccanismi può essere utile come "catalizzatore" ma non servono a nulla in assenza di un pacchetto completo di facilitazioni per le imprese per il rilancio dell'economia.

Il crony capitalism, lo scandalo VW , l'aspra tenzone che circonda il cosiddetto salvataggio delle banche, il "bail-in" vs "bail-out" ed il populismo di maniera di alcuni esponenti politici (vedasi fra gli altri Zanetti e Padoan) hanno fatto riemergere il tema della responsabilità sociale delle imprese e sulla "governance" e non vediamo all'orizzonte soluzioni miracolistiche su questo tema. 

Energia e sviluppo sostenibile

Si è da poco conclusa a Parigi la COP21, la conferenza sul clima che ha lasciato sul terreno più incertezze rispetto alla messa in opera delle misure che entusiasmo rispetto agli obiettivi declamati ma dal supporto scientifico alquanto incerto. La stessa Europa lancia messaggi contraddittori con alcuni paesi come la Polonia che puntano ancora su fonti inquinanti come il carbone. Questo sarà uno dei temi chiave per il prossimo futuro, da affrontarsi senza catastrofismi ma al contempo senza negare la serietà del tema. La chiave semplice ma complessa allo stesso tempo sta nel mix energetico da scegliersi, che coniughi disponibilità, affidabilità, ambiente e si coniughi con le priorità strategiche del paese e dell'Europa al minor costo possibile per gli utenti finali. Certamente continueremo ad occuparcene ampiamente nel 2016.

Etica e diritti fondamentali. 

Sul tema avremmo bisogno di un editoriale a parte. Abbiamo già ricordato come la "minaccia" terroristica stia rischiando di compromettere alcune libertà fondamentali e vantaggi che avevamo già dati per acquisiti (es. Schengen) e non ci torneremo quindi sopra.

Nel corso dell'anno ci siamo occupati anche di temi quali:
Dal punto di vista dei diritti umani ci siamo ostinati nel far rilevare la continua ipocrisia ed i "due pesi e due misure" (double standard, per gli anglofoni) che caratterizzano il sistema di relazioni internazionali attuali ... sempre pronti a criticare i nostri avversari del momento ma mai una parola rispetto a crimini anche più gravi commessi dai "nostri bastardi" (cit.), Arabia Saudita in testa, fatti salvi episodi dal sapore ipocrita come ad esempio il conferimento del premio Sacharov.

Cosa aspettarci dunque nel 2016?

Senza voler scomodare la nostra palla di vetro, riteniamo che i nodi del 2015 continueranno a tormentarci anche nel 2016; le tensioni regionali potrebbero diminuire di intensità ma altre rischieranno di scatenarsene ad esempio in estremo oriente (rapporti sino-nipponici) con conseguenze imprevedibili sul piano politico-economico, anche in relazione al rallentamento della crescita impetuosa di Pechino, alle prese anche con sfide ecologiche senza precedenti. La corsa alla disponibilità idrica potrebbe scatenare nuove tensioni e le migrazioni climatiche sommarsi a quelle economiche. Ci attendiamo prima della fine dell'anno un rimbalzo del prezzo del greggio, ormai a livelli insostenibilmente bassi per molti produttori.

Le parola d'ordine del 2016 per noi, che cercheremo di far comprendere agli organismi decisionali saranno:
  • stabilire le priorità;
  • gestire la complessità.
Leggendo questo editoriali crediamo sia abbastanza evidente il motivo di fondo (es. bene voler distruggere ISIS ma senza affrontare i nodi che ne hanno facilitato lo sviluppo, è fatica sprecata nel medio termine) e ritorneremo certamente presto su queste priorità metodologiche con il nuovo anno in modo da presentarle in maniera sistematica.

Vi ricordiamo che potrete trovare mille altri temi discussi nel 2015 spulciando nella nostra pagina e nel gruppo di discussione su Facebook (usate funzione ricerca) o interagendo con noi su twitter.


martedì 15 dicembre 2015

Migranti: le mancanze dell'Italia, l'ipocrisia dell'Europa

In queste ora sono rimbalzate sugli organi d'informazione le notizie provenienti dalla Commissione Europea relativa all'invio di comunicazioni formali all'Italia relativamente al non rispetto di procedure relative alla identificazione dei migranti / richiedenti asilo.

Come al solito, si legge tutto ed il suo contrario ... riteniamo quindi sia il caso di fare un po' di ordine.
  • Il 10 Dicembre la Commissione Europea ha adottato 8 decisioni su infrazioni relative alla trasposizione o attuazione nelle legislazioni nazionali o attuazione delle disposizioni sul sistema europeo di asilo comune. 
  • I destinatari delle decisioni sono Grecia, Croazia, Italia, Malta ed Ungheria.
  • Queste otto decisioni seguono le 40 decisioni del 23 settembre scorso e si aggiungono ad altri 34 casi pendenti.
Nello specifico, la Commissione chiede all'Italia (ma anche a Grecia e Croazia) di mettere in atto la direttiva "Eurodac" (Reg. 603/2013), che prevede l'obbligo di prendere le impronte digitali e trasmetterle al centro dati comuni entro 72 ore, in modo da rendere realizzabile le procedure dalla Convenzione di Dublino (e le nuove disposizioni UE emesse dopo la "crisi" dei mesi scorsi) che prevedono la ricollocazione dei richiedenti asilo fra i vari paesi.

Questa notizia non avrebbe dovuto cogliere di sorpresa gli osservatori ne' tanto meno il governo italiano, visto che lettere di avviso informali erano pervenute ai governi summenzionati  nel mese di ottobre. Non avendo essi fornito spiegazioni convincenti, la Commissione ha quindi inviato queste lettere formali che stanno suscitando tanto fragore ma che sono solo una tappa nella procedura di infrazione e non quindi l'ultimo atto formale.

Ora, avendo chiarito la sequenza degli eventi, non possiamo esimerci dal rilevare che:
  1. Il governo italiano e' nuovamente inadempiente rispetto ad una misura che mira a proteggere la sicurezza dei propri cittadini e di quelli europei, nonché la legittima aspettativa dei migranti / richiedenti asilo di essere messi al più presto nel "sistema" e conoscere in tal modo il proprio destino, in accordo alle convenzioni internazionali vigenti;
  2. Il governo italiano, inoltre, dovrebbe fare chiarezza sul modo nel quale i soldi messi a disposizione della Comunità ed i fondi propri stanziati a questo scopo sono stati utilizzati;
  3. La Commissione Europea dimostra nuovamente di non essere in grado di stare al passo col veloce susseguirsi degli eventi e di svegliarsi solo quando le "emergenze" toccano gli interessi di alcuni paesi ... il meccanismo e' stato infatti avviato con convinzione solo allorquando il flusso dei migranti si e' spostato via terra e quindi alcuni paesi si sono trovati investiti direttamente della marea umana di disperati (e purtroppo alcuni sedicenti tali) mentre ha fatto bellamente spallucce negli anni precedenti, quando il fenomeno interessava il solo Mediterraneo e l'inadempienza di Italia ed altri paesi rivieraschi poteva essere usata come comoda scusa per rifiutare l'applicazione piena ed incondizionata della Convenzione di Dublino (si veda la questione del blocco delle frontiere francesi).
Insomma, la solita brutta storia, dove non si capisce esattamente il diverso grado di colpevolezza ma si può dire con certezza che non esistono innocenti.

Noi di CSV sul tema abbiamo nel corso degli anni speso fiumi di inchiostro ... ricordiamo solo che la questione delle impronte era stata ridiscussa e confermata anche nel famoso "piano d'azione in 10 punti della Commissione Europea sulle migrazioni" dello scorso Aprile (il link porta all'editoriale di CSV del 21 Aprile 2015) ed abbiamo più volte riaffermato la necessita' di una linea di fermezza rispetto al fine supremo di salvare vite umane ed al contempo assicurarsi l'identificazione per quanto possibile sicura e veloce di chi entra nel nostro territorio e nello spazio Schenghen, nell'interesse di tutti: dei richiedenti asilo che cercano solo rifugio e protezione; dei cittadini italiani che si aspettano solo che il proprio governo garantisca la loro sicurezza; del personale civile e militare impegnato nelle operazioni di salvataggio, che vedono la propria onorabilità ed il proprio sforzo messi a repentaglio dal lassismo e dall'insussistenza della macchina burocratica.

In queste condizioni ed alla luce dei recenti attentati in Francia, limitarci alla richiesta di dimissioni del ministro dell'interno Alfano ci pare anche troppo riduttivo ... chiediamo una presa di coscienza immediata da parte del governo nella sua collegialità: o un piano credibile ed attuabile velocemente oppure farsi da parte ... non esiste una terza opzione.

Rimandiamo anche alla lettura dei seguenti editoriali di CSV per una visione più' ampia del tema:

lunedì 14 dicembre 2015

Francia, il giorno dopo: arginato il "pericolo nero", i problemi rimangono.

Dopo l'ubriacatura da fiamme tricolori infiocchettate da biondo platinato al retrogusto nerastro, la Francia ritorna con i piedi per terra. Come prevedibile, una delle ipotesi che avevamo anticipato nel nostro ultimo editoriale, all'indomani del primo turno, si e' puntualmente verificata.

Il "compromesso storico alla francese", l'accordo di "desistenza" fra i socialisti e la "destra sarkozista" (il recentissimo "Les Républicains, LR", che ha sostituito il vecchio UMP) e la mobilitazione degli astenuti di fronte alla "calata dei barbari" (che ha portato ad un incremento della partecipazione del 7.41% tra il primo ed il secondo turno), hanno impedito al FN di conquistare anche solo una regione, pure risultando virtualmente il secondo partito di Francia.

Le reazioni a questo risultato possono essere diametralmente opposte, dipende dal punto di vista del commentatore ... si può andare dal trionfalismo di chi ha passato notti insonni tormentato dal "pericolo nero" alla delusione di chi aveva visto nel (non ancora premiato) duo "Marine & Marion" le novelle "pulzelle di Francia".

Come in tutte le cose, la verità sta un po' nel mezzo ... se e' vero come e' vero che il lepenismo non e' certamente la risposta ai problemi della Francia e neppure un modello da esportazione per il resto dell'Europa, i problemi che hanno portato un terzo degli elettori francesi ad esprimere il proprio voto per il FN rimangono inalterati.

Questi nodi li avevamo sintetizzati in questi punti salienti all'indomani del primo turno e li riproponiamo qui inalterati:
Se l'inedito "comitato di salute pubblica repubblicana" fallirà nell'affrontare questi nodi cruciali, l'argine posto all'avanzata del FN al secondo turno delle regionali potrebbe rivelarsi una "vittoria di Pirro" e la sfida ripresentarsi alle prossime elezioni legislative ed alle presidenziali.

Un sintomo del malessere profondo e' l'innegabile spostamento "a destra" dell'elettorato, con oltre il 70% degli elettori che hanno preferito partiti di questo orientamento politico-culturale e con Sarkozy che si trova improvvisamente al "centro" dello spettro politico, ponte fra il radicalismo lepenista e le vecchie ricette di un PS ormai ridotto a terza forza dello schieramento.

La ricostruzione di un clima di fiducia fra i francesi non può che passare attraverso un dialogo aperto con la periferia, prima di tutto. La Francia non e' solo Parigi e si tende a dimenticare che in tutti gli angoli de "l'esagono" vi sono situazioni di sofferenza: vi e' stata, ad esempio, una certa correlazione fra il tasso di disoccupazione ed il voto per il FN al primo turno e la tensione fra la popolazione sul tema della sicurezza e della cosiddetta integrazione e' palpabile a chiunque conosca anche superficialmente la sterminata "provincia" francese.

Infine, non possiamo tralasciare che questo accordo PS-LR sarà strumentalizzato dal FN per alimentare il mito della "vittoria negata", per sdoganarsi come il vero elemento democratico e popolare del sistema politico e l'unica alternativa per un "cambiamento" (qualunque esso sia) ed una assenza di azione immediata, forte e concreta non farà che alimentare questa sensazione.

Ci auguriamo che la politica francese sia cosciente di questi nodi, che viva questo risultato senza trionfalismi ma nella consapevolezza che sarà necessario rimboccarsi le maniche e ricostruire il paese senza isterismi propagandistici e soprattutto con nomi nuovi e facce nuove ... in questo senso, la rinnovata centralità di "Sarko" non e' certamente di buon auspicio.

Per un dibattito sui risultati si rimanda al post "Il voto contro della Francia" nel gruppo di discussione di CSV. 


giovedì 10 dicembre 2015

Opinioni ragionate sul risultato del primo turno delle regionali francesi e sul futuro prossimo venturo

Il risultato delle recenti elezioni regionali francesi, che ha visto alla ribalta il Front National nella sua veste di partito "antisistema" ha tenuto banco in questi giorni su carta stampata e social media e naturalmente ha suscitato l'interesse degli amici di CSV che si sono espressi nel nostro gruppo di discussione.

Crediamo sia quindi importante cercare di sistematizzare i punti salienti delle discussioni e fornire un punto di vista "consolidato" rispetto all'analisi del voto e della trasformazione del panorama politico e sociale in atto.

La reazione immediata da parte del mondo politico ed intellettuale, tipica di chi non e' in grado di comprendere i profondi processi in atto all'interno della propria società e' stata quella del PANICO di chi si risveglia da un lungo sonno al frastuono di una tromba da stadio. 

Le cosiddette "destra e sinistra" repubblicane" hanno pensato (a torto, evidentemente), di potersi cullare nella illusione che vi fosse ancora una barriera culturale, una sorta di remora morale nel votare FN / Le Pen ed hanno pensato principalmente a vivacchiare gestendo il potere, svilendo anche i pochi "animali politici" nei probabilmente avevano ancora un briciolo di "credibilità".

Una analisi fredda e distaccata non dovrebbe invece trascurare alcuni punti fondamentali:
  • Il primo turno e' quello nel quale storicamente si esprimono i dissensi ed i disagi rispetto alla politica tradizionale, ove si esprime il "voto di protesta", quindi bisognerà aspettare il secondo turno per constatare i termini reali della disfatta degli indegni eredi del "neogollismo" (stiamo parlando naturalmente del vecchio UMP, nella sua nuova iterazione "Les Républicains - LR" e di quelli altrettanto inqualificabili del PS, sbiaditi nipoti dello SFIO che fu di Jean Jaurès, che si ritrovano nella indefinibile figura dell'ex beniamino della sinistra orfana di Zapatero, l'attuale Presidente della Repubblica Hollande;
  • le elezioni politiche nazionali sono comunque tutto un altro paio di maniche, ove giocano fattori assolutamente differenti da quelle delle elezioni locali e che potrebbero portare ad altri risultati;
  • La cronaca recente ha visto due tremendi attacchi terroristici nel giro di pochi mesi con il conseguente carico emotivo per l'elettore medio.
Fermi restando i "distinguo" di cui sopra, e' innegabile che, come avevamo precedentemente accennato, i predetti LR e PS abbiano commesso imperdonabili errori strategici, contravvenendo la loro stessa ragion d'essere; 
  • la "destra" ha ormai da decenni vilipeso i principi fondanti del gaullismo, fondato su un "set" di valori "marziali", su una "tradizione" che agli occhi della Francia profonda appare svenduta agli interessi del grande capitale; un'azione internazionale interventista scoordinata ed incomprensibile al grande pubblico, come quella dell'interferenza negli affari libici che si e' rivelata un boomerang;  su una politica ambigua rispetto al tema dell'identità nazionale; tutti elementi che hanno consentito uno "scavalcamento a destra" da parte del FN;
  • la "sinistra" e' affondata nella sua incapacità di gestire la questione integrazione, un fallimento che parte da lontano, con una ipocrita tolleranza per questioni puramente elettorali e con l'incapacità di fornire un modello credibile di integrazione diversa dalla ghettizzazione delle banlieu (poi sfociata nella rivolta aperta); con l'utilizzo incoerente del "laicismo" di stato che ha mandato messaggi poco chiari a chi avrebbe dovuto intendere e che piuttosto di votarli ha preferito astenersi;
  • entrambi non hanno saputo convincere gli elettori rispetto alla visione comune che i partiti "repubblicani" avrebbero dovuto presentare alla Francia ed ai francesi sul ruolo, il posto, la visione e la missione del paese in ambito europeo e globale, causando quindi o astensione o radicalizzazione attraverso il voto "di protesta" al FN.
Ora, appare quindi evidente che questa svolta "estremista" non sia un risultato improvviso, inaspettato ed imprevedibile ma abbia radici profonde; appare anche che non si possa imputare questa svolta all'elettorato francese che abbia in qualche modo "perso la testa". La gente non vota per questi partiti tanto o principalmente perché ne condivida le basi culturali o i programmi (che spesso sono di una pochezza disarmante) ma anche e soprattutto come reazione all'inefficacia, alla corruzione ed all'ipocrisia delle soluzioni politiche "presentabili", con conseguente attrazione verso chi propone un approccio semplice (semplicistico) e "nemici" (capri espiatori) ben identificabili come fa l'alternativa della "oclocrazia populista". Ed usiamo questo termine (anch'esso inadeguato da un punto di vista epistemologico, lo sappiamo bene) in luogo di anacronistici paralleli con fenomeni temporalmente ben localizzati come il nazismo o il fascismo (paragonare la Le Pen a Hitler o anche solo a Petain e' una bestemmia in termini storiografici e politici), anche se il clima ed il linguaggio politico generale ricordano molto quello degli anni '30 del secolo scorso.
Detto questo, non possiamo pero' evitare una riflessione amara sul "carattere nazionale" e sulla "specificità" della società francese che non e' nuova a reazioni "isteriche" rispetto a situazioni che la pongono con le spalle al muro. Pochi giorni fa scrivemmo un editoriale (La Francia rischia di innescare una pericolosa parabola liberticida) dove evidenziammo che essa si " ... proclama come la patria dei diritti dell'uomo e del cittadino (26 Agosto 1789) ma anche troppo spesso ... (cede) ... a tentazioni reazionarie ed isteriche (bonapartismo, boulangismo, affare Dreyfus, pied-noirs, etc)."

 

Scenario a breve - medio termine: la Francia al voto

Traslare il risultato delle regionali in Francia e farne una previsione politica per le prossime elezioni presidenziali è operazione alquanto ardua. Ancora più ardito è cercare di capire cosa significhi l'avanzata della estrema destra in Francia per i dossier Europei: la lotta al terrorismo, la gestione dei migranti, il dossier ambiente, il futuro dell'euro e dell'Europa.

Premesso che prima di lanciarsi in analisi puntuali e' necessario aspettare il secondo turno, ove saranno evidenti l'impatto di linee di tendenza fondamentali come astensione ed accordi trasversali di "desistenza", cercheremo di esprimerci in termini "probabilistici", facendo affidamento sulla nostra paradigmatica trasparentissima "palla di vetro".

Nel dipanare questa matassa, cominciamo quindi dai fili facili. La "destra" vincerà le prossimi elezioni in Francia che si tratti di quella "estrema" di Le Pen che parla alla "pancia" della Francia profonda o quella "repubblicana" e "moderata" di Sarkozy che ammicca si al mondo degli "affari" e del "grande capitale" ma e' anche sufficientemente presentabile per attrarre l'elettorato "d'ordine".

Sarkozy giocherà poi sul fatto che la sinistra francese andrà al ballottaggio presidenziale turandosi il naso e votando per lui. Cosa non scontata, perché l'elettore medio di sinistra potrebbe essere cosi' demotivato da non votare affatto. Non esiste al momento alcun leader socialista che abbia abbastanza carisma per convincere l'elettorato deluso di sinistra a votare la destra di Sarkozy. Questa interiore sicumera potrebbe essere il suo tallone d'Achille ed aprire la strada ad un (al momento meno probabile) trionfo del FN.

La sinistra, ed Hollande con essa, scomparirà dalla scena politica e dovrà aspettare qualche anno prima che si possa evidenziare un leader carismatico al pari di Sarkozy o Le Pen e prima che la gente si scordi di tutti gli errori e della immoralità di Hollande. Qualcuno sostiene che il futuro sia Manuel Valls, qualcuno lo nega con decisione ... tutto può essere ma la nostra palla di vetro ancora non arriva a vedere cosi' lontano.

 

Prospettiva a medio - lungo termine: uno sguardo d'insieme

"Che fare", si chiederebbe Lenin ... e ce lo chiediamo anche noi ... abbiamo piccole o grandi soluzioni da suggerire, siamo sufficientemente "politically correct free" per pensare fuori da schemi precostituiti?

Come think tank dobbiamo per forza di cose limitarci allo stimolare la politica "presentabile" transalpina e nazionale ad affrontare a viso aperto e senza ipocrisie almeno tre temi:
  • l'immigrazione mal gestita o non gestita ed il "tema dell'ordine" ad essa strettamente collegato ma che in essa non si esaurisce;
  • la sempre attuale "questione morale", i mille episodi di corruzione e malaffare che hanno lambito tutto "l'arco costituzionale" da destra a sinistra;
  • rilanciare il progetto europeo ponendo un freno alla litania di "tutto bene madama la marchesa", ponendolo al centro dell'agenda politica, ove ora si trova solo per opportunismo di corto respiro(o come eco alla propaganda "anti") e legandolo strettamente alla dimensione internazionale dell'Unione in un mondo dove le alleanze tradizionali stanno mostrando i propri limiti (si veda il recente caso della Turchia). 
Il rischio della mancanza di una visione sistemica e di un approccio comune potrebbe essere quello di una deriva estremista in entrambe le direzioni (dall'estrema sinistra all'estrema destra) con proposte talmente eterodosse (anche se spesso gli estremi si toccano) e che consegni la UE alla definitiva ingovernabilità. 

La morte della democrazia assomiglia molto al suicidio delle sua classe dirigente, che non e' altro, paradossalmente il suo tentativo di sopravvivere sempre e comunque!

Ma noi siamo degli inguaribili ed impenitenti ottimisti e vogliamo vedere "il lato illuminato della luna" ... dove ci sono rischi ci sono anche opportunità ... viviamo in un'era di transizione dovrebbero esserci grandi finestre per chi ha una visione d'insieme ampia ed idee nuove o anche solo sensate ...


mercoledì 9 dicembre 2015

SULLE BANCHE PADOAN CONTINUA A FARE DEMAGOGIA!

Dopo il "populismo fuori stagione" di Zanetti di cui abbiamo dato conto giorni fa, ora e' la volta di Padoan di distinguersi nuovamente in negativo, parlando di intervento necessario come "misura umanitaria" per rimborsare gli azionisti e gli obbligazionisti (investitori di CAPITALI DI RISCHIO, lo ripetiamo) delle quattro banche "salvate" recentemente.

Continuiamo dunque a farci del male, a non capire che non si può continuare a fare pagare alla collettività due volte: prima la condotta scriteriata dei vertici delle banche in questione tramite il "salvataggio"; poi, anche gli investimenti sbagliati dei sottoscrittori i titoli!

Vorremmo sperare che queste proposte siano solo l'effetto di pura demagogia ed incompetenza e non invece il solito intervento "ad personam" per salvaguardare gli interessi degli "amici degli amici" in nome del più becero "crony capitalism", il capitalismo clientelare nel quale si vince sempre perché se non guadagni poi ci pensa lo stato (il contribuente) a risarcire le perdite!

venerdì 4 dicembre 2015

IL POPULISMO FUORI STAGIONE DI ZANETTI

Prosegue la rincorsa al populismo fuori stagione da parte della politica italiana ... l'ultima trovata e' del sedicente paladino degli autoproclamatisi liberali, il sottosegretario Zanetti che propone il credito di imposta per gli azionisti e gli obbligazionisti delle banche (si badi bene: NON i correntisti) che perdano soldi investiti in strumenti a rischio delle quattro banche salvate (Banca Marche, Carife, Carichieti ed Etruria). E ciò non ha nulla a che fare, quindi, con la tutela dei risparmiatori, come alcuni media poco attenti stanno in questo momento propagandando!

Ma come!

La proposta e' populista, furbetta ed incoerente nel metodo e nel merito.

  1. POPULISTA in quanto mira a dare a bere all'elettorato che il governo o il politicante di turno si interessi al destino dei cittadini piuttosto che a quello delle "kattive banke" e non affronta il problema in termini generali e di principio ma con la solita leggina "ad hoc" che alla fine sarà a carico di TUTTI i contribuenti;
  2. FURBETTA, in quanto non tiene conto dei correntisti che potrebbero essere interessati da un eventuale futuro "bail in" di qualche istituto di credito ma, ex post, di alcuni ben individuati "investitori" (che vogliamo pensare siano personalmente sconosciuti al proponente);
  3. INCOERENTE con la stessa cultura liberale che dovrebbe essere espressione del sottosegretario, la quale dovrebbe essere basata sulla responsabilità individuale dell'investitore rispetto al proprio capitale di rischio e non sul principio troppo spesso applicato della "socializzazione delle perdite e privatizzazione dei profitti".

Che il sottosegretario riformuli la proposta in modo da correggere i tre punti precedenti se vuole mantenere un minimo di considerazione e dignità.

Per ulteriori approfondimenti e dibattiti sul tema rimandiamo al nostro gruppo di discussione.