In relazione all'annoso dibattito sulla gestione dei cosiddetti "beni comuni", oggetto anche di un referendum nel 2011 e di accesa polemica nel
gruppo facebook di CSV scatenato dal recente emendamento presentato da Borghi (PD) in Commissione Ambiente alla Camera, ribadiamo alcune posizioni di CSV in materia.
Innanzitutto vi e' la necessita' di distinguere i due aspetti del problema, oltre non sprofondare subito nella demagogia:
- La PROPRIETÀ dei beni comuni
- La GESTIONE dei beni comuni
Sul primo punto, ci pare naturale che le riserve interne di acqua siano di "proprietà" pubblica (usiamo virgolette perché e' un termine improprio quando si parla di aria, acqua, etc). Sul secondo, la gestione delle stesse può essere, sempre a nostro avvisto, affidata a entità che possono avere varie forme, ad esempio:
- gestione diretta da parte del comune attraverso i suoi uffici;
- imprese pubbliche (es. "municipalizzate");
- partnership pubblico-privata (PPP);
- interamente private.
In ogni caso summenzionato, quello che deve essere chiaro, sono i termini del contratto di servizio, sia nei confronti degli utenti finali, sia nei confronti del committente (la collettività, rappresentata dall'ente locale competente).
Ancora, per quanto ci riguarda riteniamo indispensabile un taglio netto alle municipalizzate, che sono il vero buco nero del paese, sia dal punto di vista degli squilibri di bilancio sia da quello della lottizzazione.
In questo contesto, il "pubblico" dovrebbe attrezzarsi per essere il "regolatore" del mercato ed intervenire con la gestione dei servizi solo in quei casi non vi sia altra scelta o analisi costi benefici provino che la mano pubblica sia più conveniente di quella privata.
Dal punto di vista operativo / gestionale, il "pubblico" (es. il Comune) comune dovrebbe quindi imitarsi a fare due cose:
- Contract manager;
- Gestione (diretta quando possibile e riducendo il numero delle società municipalizzate) solo quando necessario
Non ci scandalizza affatto che sia il privato il gestore del servizio (tutt'altro), ma il contratto di servizio (ripetiamo) deve essere:
- chiaro;
- trasparente;
- legato a "performance" oggettive e misurabili;
- revocabile qualora i termini non siano rispettati;
presupponendo, naturalmente, che una seria ed indipendente analisi costi benefici abbia paragonato diversi metodi di gestione del servizio descritti sopra (interamente pubblico, semipubblico, PPP, privato, etc).
Ora, questione diversa e' quella del rispetto della volontà degli elettori, che nel 2011 si era espressa in un senso ben diverso da quello che sto ora esprimendo, bocciando la norma che " ... consente di affidare la gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica a soggetti scelti a seguito di gara ad evidenza pubblica, consentendo la gestione in house solo ove ricorrano situazioni del tutto eccezionali, che non permettono un efficace ed utile ricorso al mercato".
Pur non essendo appunto favorevole a questa abrogazione, si pone il problema del rispetto della volontà popolare anche quando non ci piace, alla ragionevolezza e razionalità dell'elettore, etc. Ma questo e' un tema che trascende questo argomento ed e' di portata molto più generale.