Diretta Spread

giovedì 30 agosto 2018

CAMBIAMENTI CLIMATICI - CHIARIAMO LA NOSTRA POSIZIONE

Dato che alcuni amici di CSV hanno sollevato recentemente il tema dei cambiamenti climatici, chi in senso catastrofista, chi in senso negazionista, riteniamo opportuno telegraficamente ribadire la posizione di CSV sulla materia.

Premesso che siamo un think tank politico economico e non un panel scientifico che possa esprimersi con piena cognizione di causa sul fenomeno, riteniamo quanto segue:
  1. Che sia in atto un cambiamento climatico repentino, con una tendenza al riscaldamento globale, e' fatto scientificamente accertato ed incontrovertibile. Cio' non vuol dire che sia valido SEMPRE e per TUTTE le aree della terra, stiamo parlando di una MEDIA di temperatura su scala GLOBALE. 
  2. Quale sia il reale contributo dell'attività umana (determinante, irrilevante o accelerante) e quale sia invece la tendenza naturale, in atto dalla fine della ultima glaciazione fra alti e bassi, e' ancora materia di dibattito nella comunità scientifica;
  3. Fermo restando lo scetticismo sull'efficacia delle misure stabilite nel corso delle conferenze internazionali dedicate al fenomeno (COP xx), riteniamo essenziale governare gli effetti potenzialmente nefasti dei cambiamenti e preparare le opportune contromisure, ad esempio per quanto concerne l'innalzamento del livello dei mari in alcune zone.
  4. L'accento sulla sola CO2 e' fuorviante, in quanto rappresenta un proxy utilizzato in mancanza di meglio per fornire un ordine di grandezza rispetto al contributo al cosiddetto "effetto serra", ma ben poco (nulla) ci dice sull'emissione di sostanze inquinanti, i veleni emessi nell'acqua, nell'aria e nel terreno che minano la nostra salute. Il dirigismo esasperato sul tema CO2 ed il mercato dei certificati delle emissioni rischiano di far passare in secondo piano elementi altrettanto o forse più importanti e certamente di origine antropica.
  5. La riduzione delle emissioni da combustibili fossili, specialmente quelli più inquinanti come il carbone, la consideriamo un obiettivo importante e valido indipendentemente da ogni considerazione sugli effetti climatici di queste emissioni: il compromesso fra necessita' energetiche e tutela dell'ambiente passa da: 
    1. risparmio energetico tramite messa in atto di tecnologie e procedure; 
    2. scelta del mix di fonti energetiche che rappresenti il miglior compromesso possibile fra sostenibilità, impatto ambientale, continuità e sicurezza;
  6. L'opzione nucleare presenta rischi relative a sicurezza delle centrali e smaltimento delle scorie: la ricerca deve andare avanti nel campo della fusione e va aumentato lo sforzo congiunto nei programmi internazionali come ITER.
  7. L'eventuale legislazione sul tema dovrà evitare di spingere determinate tecnologie a favore di altre, spesso solo per effetto di pressioni industriali, ma si dovrà limitare a definire obiettivi di "performance" dei sistemi, con sanzioni pesanti e certe per chi dovesse truccare gli estremi delle omologazioni (il dieselgate dovrebbe insegnarci qualcosa ... )
Utilizzeremo questo spazio per popolare una "FAQ" una lista di domande e risposte che riceveremo in futuro sul tema.



Link: 


giovedì 23 agosto 2018

IN MEMORIA DI DON GIOVANNI MINZONI

Don Giovanni Minzoni, ravennate, arciprete di Argenta; eroe della Prima Guerra mondiale nel corso della quale fu decorato con Medaglia d'Argento al Valor Militare; "soldato di Cristo" stimato da Gabriele d'Annunzio che gli volle dedicare una copia della sua "Lettera ai Dalmati", fu barbaramente assassinato oggi, il 23 Agosto 1923, da una squadraccia fascista per la sua opposizione al nascente regime ed il suo attivismo nel mondo cattolico. 



Duomo di Ravenna, Funerali di Don Minzoni. Scatti del fotografo Ulderico David (coll. privata)






Al suo funerale parteciparono moltissime persone ed i reduci delle associazioni combattentistiche.

Antifascista ed anticomunista convinto, di lui oggi rimangono qualche lapide nelle vie a lui intitolate, un museo, vecchie fotografie consumate dal tempo e soprattutto il ricordo imperituro dei suoi estimatori e concittadini. Un modello anche per i giovani del nostro tempo.

Qui di seguito alcune foto e cimeli originali (coll. privata).













giovedì 16 agosto 2018

NAZIONALIZZAZIONI: RISPOSTA SBAGLIATA AD UN GIUSTO PROBLEMA

Impazza nuovamente l'idea balzana che le nazionalizzazioni possano essere la cura ai problemi di gestione dei servizi e delle infrastrutture essenziali per il paese. Essa rappresenta invece l'ennesima masochistica risposta sbagliata a giuste istanze.

Noi riteniamo che, ove esista un mercato sufficientemente maturo, lo strumento da utilizzarsi per avere servizi di qualità al giusto prezzo e' il mantenimento della concorrenza, anche tramite strumenti giuridici e legislativi, ove necessario.

In caso di monopoli naturali va adottata invece una strategia che preveda una stretta regolazione economica ed accurata supervisione della qualità del servizio (inclusa la sicurezza delle istallazioni e della fornitura del servizio) da parte del concedente (lo Stato / Ministero / Ente pubblico) o di un  ente indipendente, in modo da separare nettamente la funzione di fornitura di servizio da quella del regolatore, come del resto accade in moltissima campi, ad esempio in aviazione civile. 

La gestione diretta da parte dello Stato, le famose "nazionalizzazioni" deve rappresentare l'eccezione, non la regola! Questo perché si e' dimostrata l'inefficienza di certi apparati elefantiaci come le ormai disciolte partecipazioni statali, strangolate dal clientelismo e dalla lottizzazione e perché, essendo lo stato controllato e controllore, non si potrebbe garantire la sostanziale separazione dei ruoli di cui sopra.

Ma per arrivare a ciò, per avere privatizzazioni che siano anche liberalizzazioni bisogna anche liberarsi del giogo del "capitalismo clientelare" degli amici degli amici che, insieme alla criminalità organizzata e politica ad esse collaterali, rappresenta la vera palla al piede di questo paese. 

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P.S. 16/11/2018

Continua a girare una vecchia notizia del Corriere della Sera relativa alla supposta segretezza dei contratti di concessione. Portiamo alla vostra attenzione che la data di quel pezzo e' di gennaio 2018 e  quindi obsoleta visto che, a partire da febbraio 2018 ed in ottemperanza agli obblighi di legge detti contratti sono disponibili sul sito del ministero a questo link.

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Riguardo presunta irresponsabilità del ministero, cio' non risponde al vero, come si desume dal testo della convenzione, con Art. 7 che specifica i poteri del concedente (vedi sotto) ed Art. 8 specifica le sanzioni.



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SOVRANISMO O MASOCHISMO?

Nel frattempo, gli unici che ridono sono i concorrenti esteri di Atlantia che potranno scalarla a prezzo di saldo e comprarsi autostrade non solo da noi ma anche in Brasile🇧🇷 Cile🇨🇱 India🇮🇳 Polonia🇵🇱 e gestione aeroporti di Fiumicino e Ciampino, nonché quelli francesi 🇫🇷 di Nizza, Cannes, SaintTropez ... prima gli italiani? Si, i primi a rimetterci ... 🙄


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Nel frattempo, nel comunicato stampa ufficiale del Consiglio dei Ministri, non vi e' traccia della revoca della concessione o di privatizzazione ... bello fare i proclami in tv o sui social media ... 

mercoledì 15 agosto 2018

CROLLO DEL PONTE MORANDI A GENOVA: LO SCARICABARILE CHE NON AFFRONTA IL NODO DELLA QUESTIONE!

In queste ore convulse, non solo assistiamo nuovamente alla solita tifoseria online tra #pidioti e #grullini , ma anche allo squallore dei maggiori responsabili del disastro, vale a dire i responsabili del dicastero delle infrastrutture nello scorso e nell'attuale governo, che fanno a gara nello scaricare il barile, anzi macigno, delle responsabilità su altri.

Essi dovrebbero avere in questo momento il pudore di tacere e farsi un esame di coscienza interrogandosi sul da farsi, visto che tralascino di affrontare con decisione le carenze istituzionali conclamate nella supervisione e vigilanza sulle concessioni pubbliche

Ha iniziato Delrio, con un improvvido tweet "a coccodrillo", nel quale pero' "dimenticava" di indicare anche i suoi quarti di responsabilità.

Lo hanno seguito a ruota i responsabili del nuovo governo, nella conferenza stampa a Genova il vp del consiglio Luigi di Maio scarica tutte le responsabilità sui Benetton (maggiori azionisti di Autostrade per l'Italia S.p.A.) e sui governi precedenti (e sui media) che avrebbero preso soldi dalla famiglia .. glissando come da copione sulle responsabilità di sorveglianza e vigilanza del ministero.


Ora, molti dei talebani a favore o contro i governi attuali o passati, stanno cercando di convincerci che la colpa stia tutta da una parte (l'altra).

Noi sosteniamo invece che la responsabilità di governo presuppone e si sostanzia anche e soprattutto con il coraggio di prendere decisioni difficili nei momenti giusti.

Ad esempio, la querelle sulla cosiddetta "Gronda" e' assolutamente ininfluente, visto che in ogni modo la costruzione sarebbe cominciata solo a tragedia avvenuta: se il ponte era pericoloso (ed a quanto pare lo era ed i ministri competenti erano stati informati da anni, come testimoniano anche le interrogazioni parlamentari), esso andava chiuso al traffico, dal precedente e/o da questo governo. Il resto sono solo chiacchiere.
Come chiacchiere sono, ormai, quella sulla segretezza dei contratti di concessione: essi sono ormai pubblici dal febbraio 2018, con solamente le cifre "commercially in confidence" sbianchettate ... prassi del tutto normale. 

Tutto bene quindi: No di certo! Nel caso del ponte Morandi e di molti altri disastri alle infrastrutture del nostro paese (la sequela di ponti crollati negli ultimi anni e' impressionante ... Lecco; Autostrada A14 giusto per ricordarne due eclatanti) ci deve far rendere conto che il problema non e' la gestione, ma la mancanza di controllo e di vigilanza da parte del concedente (lo stato) sull'operato del concessionario (in questo caso Austostrade spa). Il tema non si può quindi risolvere annullando la concessione come vorrebbe fare il governo e peggio ancora nazionalizzando! Vanno dati invece gli strumenti al naturale "regolatore / supervisore" ... quid della Agenzia Nazionale dei Trasporti? Quid del ruolo di vigilanza del dipartimento istituito presso il Ministero delle Infrastrutture?

Se una struttura deputata c'e', la si faccia funzionare ... se non esiste, la si crei e le si affidino i dovuti poteri.

La cosa essenziale e' che esista chiara separazione fra il fornitore dei servizi (il concessionario) ed il concedente (il ministero), cosa che con il capitalismo clientelare attuale o con la nazionalizzazione non si può di certo assicurare.

Ora, mentre qualcuno ha già trovato il colpevole di comodo, (il progettista che avrebbe sbagliato i calcoli e deceduto ormai da anni), se per noi le responsabilità politiche sono chiare e risiedono nella mancata sorveglianza che il ministero avrebbe dovuto esercitare sul concessionario (ed in questo senso Delrio e Toninelli sono egualmente responsabili), noi confidiamo nella magistratura per quanto riguarda l'identificazione di eventuali responsabilità penali, anche se temiamo finisca come al solito...


Avanti cosi', ci meritiamo questa classe politica e questo paese!

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P.S. 16/11/2018

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Riguardo presunta irresponsabilità del ministero, ciò non risponde al vero, come si desume dal testo della convenzione, con Art. 7 che specifica i poteri del concedente (vedi sotto) ed Art. 8 specifica le sanzioni. Mentono sapendo di mentire, attuali e passati governanti!




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AGGIOTAGGIO!

Spargere notizie senza fondamento giuridico o fattuale che fanno affondare un titolo in borsa come nel caso di #Atlantia facendo perdere soldi ai risparmiatori si chiama aggiotaggio, manipolazione del mercato. Ed e' pure un reato. Dove stanno i difensori dei consumatori quando servono?

BUONE NOTIZIE: FINALMENTE IN APPLICAZIONE NEI VARI STATI MEMBRI LA NUOVA DIRETTIVA EUROPEA SUI PAGAMENTI BANCARI (PSD2).

Molti di voi staranno in questi giorni ricevendo informative dalle vostre banche in merito alle messa in opera delle norme previste dalla PSD2. La direttiva 2015/2366, pubblicata nel 2016 o cui effetti stanno producendosi a livello degli stati membri in in questi giorni, proibisce tutte le tariffe e spese supplementari [per i pagamenti elettronici, quindi i commercianti non possono ad esempio più chiedervi un supplemento per i pagamenti sotto una certa cifra.

PSD2 estende il suo campo di applicazione agli ordini di pagamento fra i paesi dello Spazio Economico Europeo (28UE + Islanda, Liechtenstein e Norvegia), quale ne sia la valuta. In concreto, i costi legati ad un trasferimento da l'Euro ad un'altra valuta di uno dei paesi SEE saranno da ora in avanti distribuiti fra compratore ed acquirente.

PSD2 diminuisce da 150 a 50 euro la franchigia di responsabilità del cliente per uso indebito ed illecito del suo mezzo di pagamento elettronico. In concreto, salvo frode accertata o colpa grave del cliente, se siamo stati oggetto di furto o di altra frode, saremo responsabili solo fino a 50 euro.

E tutto ciò, lo ripetiamo, vale sia per gli acquisti online sia per quelli con carta di credito ad un terminale pos. 
 
 
 
 

venerdì 10 agosto 2018

SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE DEI TRASPORTI

La polemica sulla TAV ha riaperto il dibattito.

Il grafico sottostante riporta sono i numeri di emissioni (CO2, che di per se già e' un proxy poco significativo) per passeggeri / km (lasciamo stare le merci, per questioni di semplicità): come si vede, da questo punto di vista il trasporto aereo e quello fluviali / marittimo interni parrebbero di ben lunga più inquinanti del trasporto stradale e di quello ferroviario ... ma, c'e' un ma ... 

... quando si parla di emissioni non si può solo pensare a quelle nelle operazioni ma anche al consumo del suolo ed all'impronta ecologica per costruire le infrastrutture, che nel caso ferroviario sono enormi! 

Quindi, questi grafici dicono solo parte della storia ... questo non per dire che la TAV si debba o non debba fare, solo per evidenziare il fatto che non sempre le cose sono cosi' semplici come appaiono.

Fonte: 

  • Railway transport - Total annual passenger transport provided by Statistical Office of the European Union (Eurostat)  
  • PRIMES provided by National Technical University of Athens (NTUA) 


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giovedì 2 agosto 2018

TASSAZIONE DIGITALE: COMMISSIONE EUROPA CONTRO I GIGANTI DEL WEB, MA CUI PRODEST?


In un mercato dove il digitale sta assumendo sempre più importanza a livello globale, i numeri sono da capogiro: basti pensare che nel 2017 il market cap dei 4 giganti del tech (GAFA) Google, Apple, Facebook, Amazon ha superato i 3000 miliardi di dollari.
Il business digitale è per definizione slegato dal territorio, il che permette alle aziende notevole libertà di azione e… scappatoie dal punto di vista fiscale.
Si stima che in Europa l'aliquota media per i giganti del web si aggiri attorno al 9,5%, contro il 23,2% delle imprese tradizionali.

Una perdita di entrate enorme, che sta portando rapidamente Bruxelles a cercare soluzioni per arginare il problema. Problema, ovviamente, di non facile soluzione.

Lo scorso marzo il parlamento europeo ha votato a favore della proposta della Commissione che mirerebbe a creare un regime di tassazione pensato appositamente per il business digitale.
La proposta è ancora ben lungi dall'essere definitiva e si compone di due misure, ancora da valutare.
  • La prima possibilità sarebbe quella di tassare l'impresa direttamente nel paese membro dove vengono generati gli utili, secondo una "presenza digitale"che viene così valutata: almeno sette milioni di euro di fatturato annuale; almeno 100 mila user; almeno 3.000 contratti commerciali. In questo modo, dunque, spostare la sede legale in "paradisi fiscali" non avrebbe più alcun senso.
  • La seconda misura, di natura provvisoria in attesa di una proposta definitiva, vedrebbe l'applicazione di un'aliquota aggiuntiva del 3% a tutte le imprese che operano nel digitale, con un fatturato a livello mondiale di almeno 750 milioni di euro e 50 a livello europeo. Tale misura, tuttavia, convince meno della prima.

Ora, come abbiamo premesso, ci riserviamo di effettuare una analisi dettagliata, ma alcuni dubbi da una prima lettura ci sono alcuni punti che ci lasciano perplessi ... a parte il problema logistico (nessun commercialista è in grado di tenere contabilità a cavallo di più paesi), le imprese sarebbero automaticamente disincentivate ad investire risorse per commercializzare propri prodotti in paesi ad elevata tassazione. Come scritto sopra, il limite di applicazione della legge dovrebbe essere per aziende con un fatturato di circa 7 milioni di € ... una cifra molto ridotta che e' alla portata di PMI con una decina di dipendenti e che si dovrebbero fare quindi carico di un ulteriore onere amministrativo non di poco conto.

Tutto ciò senza considerare come si concilino queste proposte con lo spirito della legislazione sulla libera circolazione dei capitali e con i principi di altre norme comunitarie come la Direttiva Bolkestein, relativa ai servizi nel mercato europeo comune. In poche parole ... ok voler mettere in riga le 4 o 5 multinazionali del settore (GAFA o GAFAM se ci aggiungiamo Microsoft), ma ciò non deve andare a scapito di tutta la filiera e del lavoro di tutte le altri imprese nel settore, che sarebbero penalizzate in misura ancora peggiore data la ridotta possibilità di economie di scala.

Lo scontro in tema tra i vari governi è particolarmente duro, e già si registrano paesi membri nettamente contrari, come ad esempio l'Irlanda. Ed in tutto questo, ci chiediamo quale sia la posizione del governo italiano sulla materia ... 

Dossier tutto da seguire e sul quale potrete intervenire nel nostro gruppo di discussione su Facebook.




DECRETO DIGNITÀ

Riceviamo e volentieri pubblichiamo da Diego Massarente

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In questi giorni, le Camere sano discutendo sul primo decreto che il governo dovrebbe varare in merito alle occupazioni.

Il “Decreto Dignità”, cosi si chiama il nuovo provvedimento, che dovrebbe nella teoria abbattere il lavoro precario e dare sicurezza ai nostri giovani, in realtà crea diversi problemi per quanto riguarda i campi di applicazione e non solo, rende difficoltoso qualunque tipo di rapporto tra lavoratori e datori di lavoro.

Entriamo nel merito.

I contratti a termine da 36 mesi passano a 24 e le proroghe passano da 5 a 4. Sembrerebbe una svolta epocale, ma le proroghe dovranno essere giustificate ed avranno un aumento contributivo dello 0,5%. Inoltre, sarà competenza del giudice del lavoro decretare se la proroga è giustificata oppure no. In caso di illegittimità della proroga, le aziende saranno obbligate ad assorbire il lavoratore a tempo indeterminato.

I contratti a termine prevedevano delle causali che, stando alla legge precedente, consistevano nel motivare la necessità di un lavoratore a tempo determinato come per esempio: sostituzione maternità oppure incrementi produttivi previsti in alcuni mesi dell'anno e dovevano essere motivate all'inizio del percorso lavorativo. Ora le causali devono essere elencate dopo il dodicesimo mese di assunzione. La teoria dice “ se hai bisogno di un lavoratore, 12 mesi sono più che sufficienti per poter decidere se assumerlo o no, quindi è inutile specificare il motivo dell'assunzione”.
Uno dei punti caldi del decreto, ovvero quello che dovrebbe far insorgere il sindacato, è e cito: “il contratto a deve avere valenza non superiore ai 24 mesi salvo esigenze temporanee ed oggettive, estranee all'attività di impresa non programmabili”.

Il Decreto, prevede si una stretta al precariato, ma non tiene presente alcuni elementi essenziali.
La difficoltà in Italia nel trovare lavoro è data da:

  1. un divario ancora esistente il Nord ed il Sud della Penisola, sia formativo che occupazionale. Infatti le migrazioni continuano e molti ragazzi partono dal “paesello” e vanno ad esempio a Torino o Milano per studiare nei politecnici o a Padova per studiare medicina.
  2. la concorrenza sui costi del lavoro che non è caratterizzata solo da salari bassi o agevolazioni fiscali forti, ma anche dalla diminuzione delle scorte di magazzini. Ora le aziende lavorano sul venduto e le vendite, le affidano a piattaforme multimediali che in quattro e quattr'otto, ci fanno arrivare, grazie ai corrieri, la merce direttamente a casa tagliando costi aggiuntivi di stoccaggio. In parole povere la produzione massiva non serve più.
  3. la crisi economica. 

Questo provvedimento parrebbe più un'imposizione alle assunzioni che potrebbe condannare le aziende ad un fallimento, pertanto, la realtà è molto più complessa, quindi non si può utilizzare una soluzione così semplicistica.

Il lavoro, come detto prima, oggi si basa sullo scambio di beni e soprattutto servizi e con questo provvedimento a farne le spese saranno le aziende di somministrazione lavoro che nella maggior parte dei casi, sono più efficienti dei centri per l'impiego. I lavoratori che per conto delle agenzie vanno in missione nelle aziende cliente, offrono già un servizio non programmato ed il lavoratore, iscritto presso di loro, sa che il suo contratto e a tempo determinato con possibilità di proroghe. E Le aziende cliente, visto che le assunzioni portano ad un incremento dei costi di gestione, hanno la possibilità di incrementare le risorse umane temporaneamente durante i picchi di produzione. Le tutele che il lavoratore ad interim ha, anche se sappiamo che il “posto fisso” è “l'over the top” delle garanzie, prevedono: maternità, malattie, infortuni e ferie. Inoltre il servizio, punto fondamentale della nostra economia ed ora più che mai al centro delle attività produttive, con un decreto del genere farebbe innanzitutto chiudere le agenzie di somministrazione lavoro con tutti i problemi che scaturisce (perdite di posti di lavoro ecc) e, cosa ancor più grave le aziende correranno ai ripari non assumendo più nessuno.

Già con i contratti in corso si rischia che le aziende anche nel pieno delle attività produttive possano non rinnovarli, anche lì con tutti i problemi annessi e connessi (rallentamento delle consegne e dei servizi).

In Italia ci sono, mal contati tre milioni di contratti a termine e se le fasce di età nei primi anni '2000 si aggiravano tra i 18/25 anni, ora si parla di lavoro in somministrazione anche per gli over 40 in crescita. Molti lavoratori over '60 per raggiungere l'età pensionabile, a causa delle crisi che abbiamo attraversato in questi ultimi anni, sono stati licenziati per fallimenti aziendali o cessate attività, si rivolgono alle agenzie interinali.

Poniamo il caso che molti di loro siano stati assunti nel 2016 con contatto a termine. Per effetto del decreto dovrebbero essere assorbiti a tempo indeterminato, ma se come detto prima, i mercati variano molto più velocemente rispetto a quarant'anni fa, rischierebbero di non venire più riconfermati.

Nel diritto privato, l'imprenditore è colui che gestisce un'attività di produzione di beni, servizi e di scambi a scopo di lucro. Ovviamente se ha dei dipendenti deve assolutamente rispettarne i diritti e le tutele. Ma se imponi ad un'azienda privata delle assunzioni a tempo indeterminato quando la stessa azienda non sa cosa succederà da lì ad un anno, lei si difende. Come? Ed ecco che rientreranno in gioco i voucher, i quali non indicano l'effettivo numero degli occupati, anzi lo sfalsano. Un lavoratore subordinato tramite il suo datore di lavoro comunica le ore che effettua come previsto dai contratti, mentre il voucher indica un numero di ore minimo, quando in realtà se ne lavorano molte di più ed il rapporto di lavoro è extracontrattuale. (Non per niente era stato indetto da CGIL il referendum per l'abolizione, poi avvenuta successivamente tramite trattativa governo/parti sociali).

Il decreto prevede anche l'antidelocalizzazione, con l'imposizione di produrre in Italia se si ha usufruito di agevolazioni per almeno 5 anni. Chi non lo fa oltre a restituire gli aiuti, dovrà pagare una sanzione pari a 4 o 5 volte all'aiuto ricevuto.

A primo acchito potrebbe essere una cosa buona, ma come detto prima, il mercato globale fa si che le aziende vadano dove gli conviene. Un esempio di mercati globali sono le ditte in franchising.

La differenza tra azienda e ditta sta nel chi è effettivamente l'intestatario della partita IVA, quindi se una multinazionale mi fa aprire uno stabilimento, è perché ho offerto delle garanzie sui fatturati e sugli utili. Quindi se chiedo un incentivo sulle assunzioni e poi la “casa madre” decide di spostare lo stabilimento e togliermi la concessione del marchio, chi pagherà le sanzioni? La multinazionale o l'imprenditore? Questo però non è stato spiegato.

Queste argomentazioni è meglio forse tenerle presente prima di gridare quello che qualcuno osa definire “il nuovo miracolo italiano”.

Non possiamo permetterci una politica autarchica semplicemente perché non è economicamente sostenibile neanche per i Paesi con poteri economici molto forti e, se i fatti da qui a poco mi dovessero dare ragione, prepariamoci ad un'emorragia di risorse tale da fari sprofondare in una crisi economico-sociale senza precedenti.

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