giovedì 25 ottobre 2018

IL PSD ( PARTITO DELLA SPESA E DEL DEBITO)



CSV - Mosca
Pensiero di Giampiero Sambucini

Era marzo 2017 ..sempre attuale.

IL PSD ( PARTITO DELLA SPESA E DEL DEBITO) CONTINUA A VELEGGIARE NEL MARE DELLA POLITICA ITALIANA.

In tempi di "manovre e manovrine", col DEF alle viste e la Legge di Stabilità che incombe, mentre a sinistra squillano le trombe della scissione e si accendono le luci delle primarie, a destra rumoreggia il calpestio del populismo e, tra l'una e l'altra, vagano "personaggi e personaggetti" in cercadi improbabili Autori, la politica italiana sembra ancora una volta tutta riassumersi nel Grande, più che trasversale Universale PSD, il Partito della Spesa e del Debito.
Che, lungo le successive Repubbliche, è stato anestetico, più che ammortizzatore di vere o artefatte tensioni sociali, ha garantito la "non belligeranza", più che la compiacenza di categorie e corporazioni, ha remunerato capi-bastone e capi-corrente, ha stipendiato collettori e portatoridi voti, ha soccorso disastri imprenditoriali, diluito l'esosità dell'imposizione, dissimulato il pubblico sperpero, tollerato il privato malaffare e via elencando ed esecrando.
Però, siccome il troppo stroppia anche i marchingegni meglio oliati e più sperimentati, il PSD è certamente in affanno.
Dal lato della spesa boccheggia, stretto nelle angustie degli ormai raggiunti "limiti politici" al disavanzo, appena alleviati dalla qualche "flessibilità" mendicata a Bruxelles.
Dal lato del debito ha ormai toccato per ammontare ed incidenza sul PIL il "limite fisico", più che finanziario oltre il quale è praticamente impossibile continuare ad eccedere.
Tuttavia, per quanto con l'acqua alla gola, il PSD continua a veleggiare spedito nel mare della politica italiana, aggirando le secche in cui riposano inoffensive le spoglie della qualsiasi "spending review", spinto a destra, a sinistra e nel mezzo dal vento dei "bonus", delle tasse ridotte con una mano e più che aumentate con l'altra, delle inossidabili tutele prestate a diritti e privilegi "quesiti" e spesso di grana grossa, del pelo degli elettori tenuto basso dalle carezze che ne assecondano il verso, non a caso il solo che nessuno abbia mai pensato, meno che mai promesso di cambiare.
Di una lunga militanza sindacale ho personalmente conservato l'obbligo ad essere ottimista per Statuto.
Perciò continuo a credere e non mi rassegno soltanto a sperare che l'ottimismo della volontà, stavolta alleato al lucido pessimismo della ragione, opponga alle promesse di maggiori spese e di nuovi debiti per scavalcare la prossima scadenza elettorale e per superare una qualche prova congressuale, la verità su quel che il Paese non può più permettersi dispendere e sui debiti che dovrà in qualche modo onorare.
La verità, s'è detto, rende liberi, di certo non ammette scappatoie, almeno non all'infinito.


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