L’eterna
dicotomia fra funzione sociale dello stato e responsabilità individuale
In questi tempi
di profonda crisi economica e sociale, riceviamo sempre più spesso segnalazioni
di situazioni di disagio, con relativa richiesta di consigli su cosa si possa fare.
Ancora, sempre più spesso queste segnalazioni includono anche rimostranze
sull’inazione delle istituzioni per alleviare queste situazioni.
Premesso che ogni
situazione andrebbe valutata nella sua individualità ed evitando di cadere
nella trappola della ormai quotidiana guerra fra poveri, sullo stile
“...vecchietti all’addiaccio ed immigrati nelle ville con piscina”, crediamo
sia essenziale considerare alcuni punti fermi di carattere generale, relativa
all’azione dello “stato” (inteso in senso lato, di intervento pubblico, sia
esso lo stato, i comuni, altri enti).
Crediamo che essa
(l’azione dello “stato”) debba costituire l'eccezione, non la regola; che non possa essere la stessa in tutte le situazioni e
non debba sostituirsi a quella che e’ la responsabilità individuale, che e’ il
pilastro sul quale deve necessariamente basarsi una società in grado di
“camminare sulle proprie gambe”, affrancata da ogni tipo di tutela
paternalistica.
Come scrivevamo
precedentemente, i casi non sono tutti uguali. Nella tabella sottostante
cercheremo di illustrare alcuni esempi pratici per agevolare la comprensione
della nostra posizione.
Caso
|
Funzione sociale pubblica
|
Responsabilità individuale
|
Catastrofe
collettiva (es, terremoto, inondazione, disastro di natura industriale, etc)
|
Sostegno
concreto alla comunità coinvolta attraverso i normali strumenti di
solidarietà (es. Assistenza immediata, sospensione pagamento imposte,
ricostruzione di unita’ abitative, misure di sostegno al reddito, sgravi
fiscali per investimenti, etc.)
|
I beneficiari
dell’aiuto dovranno farne un uso responsabile ed in caso contrario non
avranno accesso ad ulteriori aiuti.
|
Situazione di
disagio individuale: inabilita’ di carattere fisico o psichico
|
La persona in
questione non ha scelto di essere oggetto di disagio e le sue condizioni
talvolta non gli permettono piena facoltà dell’intendere e del volere. Nel
caso il tutore legale richieda assistenza pubblica, non potendone farsene
carico direttamente, il “pubblico” ha il dovere di mettere in condizione la
persona di svolgere una vita per quanto possibile “normale” (es. un lavoro in
comune nella “fascia protetta”, sostegno all’apprendimento, accompagnamento,
casa famiglia, etc)
|
Spettano al
tutore legale della persona o alla persona stessa oggetto di aiuto se capace
di intendere di volere.
|
Situazioni di
disagio temporaneo (ragazze madri, etc)
|
Sostegno
temporaneo attraverso misure di integrazioni al reddito o “in natura”
(alloggio, assistenza sanitaria, etc)
|
La persona in
oggetto deve essere cosciente che il sostegno e’ solo temporaneo. Passate le
situazioni oggettive di disagio secondo un percorso prestabilito, l'assistenza pubblica cessa.
|
Qualora una
persona / famiglia (non riconducibili quindi ad una delle categorie di cui sopra),
per questioni dovute puramente al ciclo economico sfavorevole, si dovessero
ritrovare dall’oggi al domani, ad esempio, senza casa, va valutata la storia
individuale che ha portato a questo evento. L’intervento pubblico non può
essere utilizzata come comodo “scudo” per ripararsi in caso di investimenti
sbagliati, di stili di vita dispendiosi, di irresponsabilità nella gestione
delle proprie finanze, della presa di rischi d’impresa sproporzionati rispetto
alle proprie forze.
E qui il discorso si complica, in quanto entrano
poi in gioco le solite discussioni sulle presunte ondate di suicidi, sulle
quali (numeri ed analisi sociologica alla mano) abbiamo già espresso in più
occasioni un certo scetticismo e sul cosiddetto “diritto alla casa”, al quale
abbiamo dedicato questo editoriale
nei mesi scorsi.
Allo Stato spetta
mettere in atto le condizioni favorevoli allo sviluppo economico, in modo che
tutti i cittadini possano prendervi parte senza discriminazioni di sorta, non l’alleviare
gli effetti nefasti delle scelte individuali a volte non ponderate. La sua responsabilità
residuale ultima (dello stato) e’, in sintesi, quella di garantire a tutti i
cittadini, in qualità di sottoscrittori de facto del “contratto sociale” il
livello minimo di sopravvivenza indipendentemente dalla loro situazione
individuale. Tutto ciò che e’ al di sopra non può essere posta a carico del
pubblico, che in ultima analisi sono gli altri cittadini / contribuenti.
Nessun commento:
Posta un commento