lunedì 7 ottobre 2013

Dei servizi e delle rette ...

... ovvero, come accartocciarsi nel nulla della demagogia a buon mercato.

Sia chiaro da subito: che in Italia ci sia un profondo disagio economico sociale e' evidente e non passa giorno senza che qualcuno si prenda carico di ricordarcelo con fatti alcuni veri, alcuni verosimili, alcuni che potremmo liquidare come balle o bufale. Alle varie categorie appartengono i bambini cacciati dalle aule di refezione scolastica, file chilometriche per polli ad un euro, anziani con pensione minima che si improvvisano taccheggiatori, preti che rifiutano il catechismo causa mancato pagamento, etc etc.

Alcuni fatti, di per se reali, necessitano pero' di un'analisi accurata per evitare di cedere all'istinto di precipitarsi nelle strade, con fiaccole e forconi, per dare l'assalto ai palazzi della cosiddetta "casta", sotto i terrazzi della quale per decenni tanti, ora scandalizzati, concittadini hanno atteso pazientemente di rimpinzarsi con gli avanzi dei satrapi di turno, salvo ora lamentarsi visto che la fonte di tali dazioni si sta inesorabilmente prosciugando.

A questo proposito, vorrei prendere spunto dai fatti di cronaca relativi alla mancata erogazione dei servizi di ristorazione scolastica, tracciando alcuni punti cardine che che ritengo debbano essere tenuti a mente prima di lanciarsi in giudizi affrettati in casi simili:


  1. I servizi accessori come la refezione, il trasporto o il dopo scuola possono essere richiesti oppure ignorati: la refezione rientra in questa categoria? Se si tratta di servizi accessori, i beneficiari ne devono pagare i costi.
  2. Se un servizio e' obbligatorio, esso non e' un accessorio ma parte integrante dell'offerta didattica e come tale rientra nell'ambito del diritto allo studio: la refezione fa parte di questa categoria? In questo caso, la refezione deve essere compresa nella retta scolastica e, qualora essa sia gratuita, anche tali servizi (la refezione, nella fattispecie) devono essere erogati a titolo gratuito, essendo essi sovvenzionati dalla tassazione generale.
  3. Ai ragazzi ed alle famiglie va lasciata libertà di scelta, vale a dire: posso iscrivere mio figlio al servizio di refezione pagandone la relativa quota se voglio e se posso, altrimenti devo organizzarmi con soluzioni alternative (es. la classica "gavetta")
  4. La scuola deve mettermi in condizioni di esercitare questo diritto (possibilità di accedere al refettorio con il mio pasto) e non essere discriminato / stigmatizzato / messo all'indice / deriso per questa scelta (ma veramente devo scrivere questa cosa, quando in tutti i paesi civili e' assolutamente normale scegliere fra queste due opzioni e nessuno si sentirebbe di considerare i bambini che vi aderiscono come dei poveracci morti di fame???).


Ora, stabiliti le regole GENERALI di cui sopra, va dato atto che esiste un principio fondamentale del Liberalismo, sancito anche dall'Art. 3 della Costituzione della Repubblica, che prescrive la rimozione degli ostacoli per il pieno sviluppo individuale della persona. Questo e' il principio che deve essere tenuto a mente per gestire le ECCEZIONI, vale a dire quei casi LIMITATI nel numero e nella porta che costituiscono grave pregiudizio per quelle famiglie e per quei minori ai quali non possono applicarsi i principi di cui sopra, che sono facilmente individuabili dai servi di assistenza sociale del comune (ove questi funzionano, e' ovvio). 

Ora, non e' la scuola o il suo direttore  o il gestore della mensa o chi per loro che deve essere messo di fronte alla scelta di negare i servizi ai bambini, ma l'ente assistenziale pubblico che si deve far carico di garantire che ai bambini non siano negati i loro diritti costituzionali, ad esempio integrando la retta o provvedendo assistenza domiciliare o quant'altro. Alle famiglie sta chiedere supporto, agli enti scolastici segnalare per tempo i problemi, agli enti di assistenza sta intervenire sui casi specifici.

Tutto ciò, in un paese civile, ammesso e non concesso l'Italia lo sia ancora.


***

Appendice

Poi, per quanto riguarda il catechismo ... nessuno si scandalizzerebbe se una scuola privata si rifiutasse di impartire lezioni di, che so, arpa celtica se l'allievo non paga. Essendo la religione un accessorio non fondamentale e relativo alla sfera privata, non vedo dove sia lo scandalo. Considero piuttosto quest'episodio come una improvvida operazione di marketing da parte di una grossa multinazionale in crisi di consenso e che non investe abbastanza nelle vendite promozionali.


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