martedì 28 marzo 2017

SU NAVALNY, LE MANIFESTAZIONI RUSSE E GLI ARRESTI

Partecipa alla discussione nel nostro gruppo FaceBook, con la partecipazione di italiani residenti in Russia


Maurizio Noris, Mosca, Russia

Giampiero Sambuchini, Tambovka, Tambovskaya Oblast', Russia
Parlare di Russia limitandosi al fattuale sta diventando ancor più problematico che disquisire di aborto o di religione.
Abbiamo nuovamente due fazioni contrapposte: est e ovest. Al di là di egemonie territoriali/militari e ideologie (ormai sovrapponibili, per altro), il dibattito di mass media e social è ormai questione di fede.
Corruzione, religione, valori, libertà di espressione, espansionismo militare, e molto altro ancora: siamo al “voi fate e siete così” contro il “ma voi siete pure peggio”.

Premesso che i problemi di casa propria sono affari dei condomini e che di pulito, da qualsiasi parte si guardi e in entrambe le fazioni, non c’è nessuno, passiamo ai fatti.

Chi è Alexei Navalny? Nel 2012 il Wall Street Journal lo ha definito “l’uomo che Putin teme di più”, e più volte è stato indicato come il capo dell’opposizione. A ovest.
Perché ad est si sottolinea invece che il peso politico suo e del suo partito è minimo e che il suo rapporto con la legge non sia propriamente cristallino.
Chi ha ragione? Difficile dirlo; di certo possiamo affermare che Putin non gode delle sue simpatie. Navalny non solo ha definito il partito di maggioranza come di “imbroglioni e ladri” (espressione poi diventata popolare), ma fondamentalmente ha fatto dell’anti-corruzione (e dell’avversità verso Putin) il suo cavallo di battaglia.
È il bue che dà del cornuto all’asino? Rivedasi l’incipit.

Sarebbe tuttavia un errore definirlo un “signor nessuno”: come candidato sindaco di Mosca raccolse infatti il 27% dei voti (risultato per certi versi sorprendente), e nel 2018 correrà per le presidenziali (sulle possibilità di vittoria non ci esprimiamo).
La manifestazione che Navalny ha organizzato era dichiaratamente a supporto dell’accusa di corruzione contro Medvedev: accusa che, secondo Navalny, non era stata abbastanza presa sul serio dalle autorità.

In Russia, per questioni di sicurezza, tutte le manifestazioni devono essere consentite: in questo caso pare tuttavia che il sindaco di Mosca abbia negato Tverskaya (una delle vie centrali) senza dare un’alternativa, il che (secondo la Corte Costituzione) equivarrebbe automaticamente ad un’autorizzazione.
La manifestazione dunque ebbe luogo, e non solo a Mosca: si parla di 8000 persone nella capitale, 10mila a San Pietroburgo e più di 80 proteste sull’intero territorio. La più grande manifestazione che la Russia abbia visto negli ultimi 5 anni.
Com’è finita lo sappiamo bene: più di 1000 arrestati, tra cui lo stesso Navalny. Che se la caverà con 15 giorni di detenzione (nuovamente) e circa 300 euro di multa.

Nei giorni successivi, 11 attivisti del Anti-Corruption Fund di Navalny sono stati arrestati, ufficialmente a causa di resistenza alla polizia che stava perlustrando l’edificio a causa di un allarme bomba.
Il Cremlino lo ha poi accusato di aver pagato dei bambini per partecipare alla manifestazione.

Opposition Leader Navalny Calls for Protests Across Russia

Activists in Russian Cities Face Resistance Organizing Anti-Corruption Rallies

Russia jails protests leader Alexei Navalny for 15 days

Opposition Leader Navalny Jailed After Anti-Corruption Protests Grip Russia

Navalny's Anti-Corruption Team Jailed After Live Streaming Protests




Da ieri pomeriggio, ricorrendo ai pazienti interpreti di famiglia, ho seguito i resoconti ed i commenti della stampa e della televisione russe sullo svolgimento delle manifestazioni antigovernative in varie città della Russia e sulle relative misure di ordine pubblico, in primo luogo l'arresto di molti manifestanti, tra i quali spicca quello dell'oppositore Aleksej Navalny. 

Ho anche letto ed ascoltato quanto sull'argomento scritto e riferito da giornali on-line, telegiornali via satellite ed esperti assortiti della materia italiani e, per quanto satelliti e fusi orari hanno consentito, euro-occidentali. Naturalmente i resoconti ed i commenti delle differenti provenienze si sono annullati a vicenda, per cui ne ho tratto conclusioni assai prossime alla somma zero. Quindi di scarso interesse e certamente di ancor meno originalità, perciò mi sono rivolto altrove. 

Una premessa, i 140 e passa milioni di russi sono distribuiti in soltanto due grandi città, Mosca e San Pietroburgo, in poche città con più di un milione e pochissime con oltre due milioni di abitanti, mentre la "Russia Profonda" nella quale vive la gran parte dei russi è fatta di piccole e piccolissime cittadine, di tantissimi villaggi sparsi lungo i suoi 11 fusi orari ed attorno a praticamente ogni città, piccola o grande che sia, Mosca e San Pietroburgo comprese. 

Perciò, sempre contando sulla pazienza dei miei familiari, ho consultato il mio pur piccolo "pezzo" di questa Russia profonda ed il "social network" che qui funziona egregiamente da secoli: il bazar di Tambov. Dove venditori ed acquirenti, addetti ai lavori ed occasionali passanti, persone della più varia estrazione sociale, di cultura ed orientamento politico differenti parlano, discutono, litigano di tutto e su tutto, delle minuzie locali e sulle grandi vicende della Russia e del mondo, basta avere qualcosa da dire e voglia di ascoltare. 

Ovviamente nulla garantisce l'attendibilità delle "voci del bazar", tanto meno che quelle voci, spesso dissonanti tra loro e raramente interessate ad approfondire tutte le sfumature e le sfaccettature della materia del discutere e del contendere, siano le più ragionevoli e meditate in circolazione. Oggi il bazar ha parlato, discusso e litigato soprattutto dell'argomento che Massimo Bernacconi mi ha sollecitato a commentare, in modi e con argomenti nel cui dettaglio e tra le cui contraddizioni nemmeno provo ad entrare. Tuttavia, la somma algebrica delle molte e disparate voci del bazar esprime, se non "la verità" obiettiva e riscontrabile, di certo e con più che sufficiente approssimazione quel che la "gente" soprattutto pensa e vorrebbe, giusto o sbagliato che sia, condivisibile o censurabile che lo si ritenga. 

Provo così a riassumere quel che a me è parso il "prevalente sentire" del bazar sull'argomento in questione. 
PRIMO, Navalny è politicamente irrilevante, tanto che in occasione delle elezioni presidenziali del 2012 non è riuscito neanche a raccogliere le firme necessarie a presentare la sua candidatura e, in esito alle elezioni parlamentari dell'anno scorso, il suo Partito del Progresso si è fermato sotto l'1%, ben lontano dal portone d'ingresso alla Duma. 
SECONDO, le forze dell'ordine hanno fatto bene ad intervenire, dal momento che le manifestazioni non erano autorizzate, il loro intervento non è stato particolarmente severo, tanto che i manifestanti arrestati sono stati già rimessi in libertà o lo saranno presto e lo stesso Navalny se l'è cavata con una condanna a 15 giorni ed una multa non particolarmente elevata. 
TERZO, non è il caso di prendere sul serio le accuse mosse a Putin, Presidente regolarmente eletto e non un dittatore disposto a tutto, anche all'omicidio di Stato, pur di mettere a tacere oppositori che, al pari di Navalny, certamente non sono tali da impensierirlo. 
QUARTO, le critiche ed anche le accuse rivolte a Medvedev, invece, sono assai più credibili, tanto che il sempre più impopolare Primo Ministro è ormai il "punto debole" di Putin, del quale Putin dovrebbe liberarsi il prima possibile, meglio se in tempo per le elezioni presidenziali dell'anno prossimo. 
QUINTO, Se Navalny davvero si candiderà alle elezioni presidenziali del 2018, sempre che stavolta riesca a raccogliere le firme prescritte, proponendo il ritiro della Russia dalla Siria e dal Donbas e la restituzione della Crimea all'Ucraina, gli sarà difficile ottenere il voto anche dei parenti stretti. 
SESTO, le manifestazioni di ieri tutto sono state, tranne che spontanee ed improvvisate, visto che portare contemporaneamente nelle piazze di mezza Russia alcune migliaia di persone richiede un a accurata organizzazione ed una certamente non breve preparazione, tanto da lasciar almeno dubitare che quell'organizzazione e quella preparazione non siano farina setacciata soltanto, nemmeno soprattutto in Russia. 
SETTIMO, si è cercato di screditare Putin per contenere le simpatie di cui gode in vari partiti e movimenti politici europei ed in non trascurabili e forse crescenti quote dell'opinione pubblica europea, tanto da poter orientare più di qualche elettore, nell'immediato francese e poi persino tedesco, in direzioni per nulla gradite alla maggior parte dei Governi in carica,Ciò forse troppo lungamente riferito, non aggiungerò che le opinioni del bazar non necessariamente coincidono con quelle dell'estensore del resoconto, perché su più di qualcosa mi trovo personalmente abbastanza d'accordo col bazar.

domenica 26 marzo 2017

Commentario a “La dichiarazione di Roma” (25 marzo 2017)

Questo documento riassume alcune delle osservazioni scaturite dalla discussione sulla "Dichiarazione di Roma" in corso nel gruppo di discussione su FaceBook di Candidati Senza Voce, alla quale vi invitiamo caldamente a partecipare.


TESTO
COMMENTO
Noi, i leader dei 27 Stati membri e delle istituzioni dell’UE, siamo orgogliosi dei risultati raggiunti dall’Unione europea: la costruzione dell’unità europea è un’impresa coraggiosa e lungimirante. Sessanta anni fa, superando la tragedia di due conflitti mondiali, abbiamo deciso di unirci e di ricostruire il continente dalle sue ceneri. Abbiamo creato un’Unione unica, dotata di istituzioni comuni e di forti valori, una comunità di pace, libertà, democrazia, fondata sui diritti umani e lo stato di diritto, una grande potenza economica che può vantare livelli senza pari di protezione sociale e welfare.
I “27 stati membri” sono in realtà ancora 28. La firma avviene in un contesto storico particolare e delicato, nel quale l’enunciato e’ messo in discussione. Se gli enunciati di valore sono fattuali, va rilevato che essi sono stati raggiunti già molti anni or sono ed il processo ha iniziato a segnare il passo da almeno 15 anni.
L’unità europea è iniziata come il sogno di pochi ed è diventata la speranza di molti. Fino a che l’Europa non è stata di nuovo una. Oggi siamo uniti e più forti: centinaia di milioni di persone in tutta Europa godono dei vantaggi di vivere in un’Unione allargata che ha superato le antiche divisioni.
Vero ma in un contesto politico dominato da “Brexit” questo enunciato appare un po’ forzato
L’Unione europea è confrontata a sfide senza precedenti, sia a livello mondiale che al suo interno: conflitti regionali, terrorismo, pressioni migratorie crescenti, protezionismo e disuguaglianze sociali ed economiche. Insieme, siamo determinati ad affrontare le sfide di un mondo in rapido mutamento e a offrire ai nostri cittadini sicurezza e nuove opportunità.
Questa determinazione non ha purtroppo avuto sufficiente riscontro nei fatti, per quanto riguarda almeno due eventi che hanno causato e stanno causando tuttora profonde divisioni tra gli stati membri su principi fondamentali:
1.       La (non) gestione della questione migratoria che e’ diventata tema comune solo dopo l’apertura della rotta balcanica;
2.       La lunga tragicommedia sul debito greco, che si e’ trascinata ben oltre il dovuto
Renderemo l’Unione europea più forte e più resiliente, attraverso un’unità e una solidarietà ancora maggiori tra di noi e nel rispetto di regole comuni. L’unità è sia una necessità che una nostra libera scelta. Agendo singolarmente saremmo tagliati fuori dalle dinamiche mondiali. Restare uniti è la migliore opportunità che abbiamo di        influenzarle e di difendere i nostri interessi e valori comuni. Agiremo congiuntamente, a ritmi e con intensità diversi se necessario, ma sempre procedendo nella stessa direzione, come abbiamo fatto in passato, in linea con i trattati e lasciando la porta aperta a coloro che desiderano associarsi successivamente. La nostra Unione è indivisa e indivisibile
Passaggio condivisibile nei principi ma largamente problematico:
       -          Cosa si intende per “unita’”, quale modello si propone (federale, confederale, status quo)?
      -          Solidarietà: cosa si intende in dettaglio?
      -          Regole comuni: quelle attuali o si vuole rivederle?
      -          Ritmi ed intensità diverse = Europa a multivelocità: ancora manca una definizione condivisa di cosa si intenda realmente;
-          Procedendo nella stessa direzione: come scritto sopra, non pare sia stato sempre il caso, almeno recentemente;
       -          Associarsi: nel senso giuridico del termine o come stati membri a tutti gli effetti?
      -          Unione indivisa ed indivisibile: forse la parte più controversa della dichiarazione: in realtà non lo e’, come Brexit ha dimostrato ... cosa si vuole intendere realmente?
Per il prossimo decennio vogliamo un’Unione sicura, prospera, competitiva, sostenibile e socialmente responsabile, che abbia la volontà e la capacità di svolgere un ruolo chiave nel mondo e di plasmare la globalizzazione. Vogliamo un’Unione in cui i cittadini abbiano nuove opportunità di sviluppo culturale e sociale e di crescita economica. Vogliamo un’Unione che resti aperta a quei paesi europei che rispettano i nostri valori e si impegnano a promuoverli
Lo vogliamo anche noi ... saremo in grado di ottenerlo?
In questi tempi di cambiamenti, e consapevoli delle preoccupazioni dei nostri cittadini, sosteniamo il programma di Roma e ci impegniamo ad adoperarci per realizzare: 
Il tema dello scollamento fra la torre d’avorio della politica e delle istituzioni, nazionale ed europea e’ una delle ragioni per l’ascesa dei partiti c.d. “populisti”: la consapevolezza deve essere nei fatti e non solo nella lettera.
1. Un’Europa sicura: un’Unione in cui tutti i cittadini si sentano sicuri e possano spostarsi liberamente, in cui le frontiere esterne siano protette, con una politica migratoria efficace, responsabile e sostenibile, nel rispetto delle norme internazionali; un’Europa determinata a combattere il terrorismo e la criminalità organizzata.
Passaggio condivisibile ma non si vede con che strumenti ottenerlo o mantenerlo. Schengen sotto attacco a causa del mancato coordinamento delle forze di sicurezza, paesi in ordine sparso sul tema migratorio, etc
2. Un’Europa prospera e sostenibile: un’Unione che generi crescita e occupazione; un’Unione in cui un mercato unico forte, connesso e in espansione, che faccia proprie le evoluzioni tecnologiche, e una moneta unica stabile e ancora più forte creino opportunità di crescita, coesione, competitività, innovazione e scambio, in particolare per le piccole e medie imprese; un’Unione che promuova una crescita sostenuta e sostenibile attraverso gli investimenti e le riforme strutturali e che si adoperi per il completamento dell’Unione economica e monetaria; un’Unione in cui le economie convergano; un’Unione in cui l’energia sia sicura e conveniente e l’ambiente pulito e protetto.
Passaggio condivisibile, forse quello ove si possono ottenere i maggiori risultati con il minor sforzo possibile. Temi controversi come quello dell’armonizzazione fiscale potranno avvelenare la discussione per anni. Una vera politica energetica comune e’ ancora di la’ da venire ed i fondi comunitari sostengono ancora forme di energia obsolete ed inquinanti.
3. Un’Europa sociale: un’Unione che, sulla base di una crescita sostenibile, favorisca il progresso economico e sociale, nonché la coesione e la convergenza, difendendo nel contempo l’integrità del mercato interno; un’Unione che tenga conto della diversità dei sistemi nazionali e del ruolo fondamentale delle parti sociali; un’Unione che promuova la parità tra donne e uomini e diritti e pari opportunità per tutti; un’Unione che lotti contro la disoccupazione, la discriminazione, l’esclusione sociale e la povertà; un’Unione in cui i giovani ricevano l’istruzione e la formazione migliori e possano studiare e trovare un lavoro in tutto il continente; un’Unione che preservi il nostro patrimonio culturale e promuova la diversità culturale.
Belle intenzioni, sebbene si sia cercato di mettere dentro tutto, forse troppo ... come si possono comporre i differenti interessi a volte contrastanti, es. dicotomia fra dimensione nazionale e comunitaria e’ ancora uno dei nodi fondamentali.
4. Un’Europa più forte sulla scena mondiale: un’Unione che sviluppi ulteriormente i partenariati esistenti e al tempo stesso ne crei di nuovi e promuova la stabilità e la prosperità nel suo immediato vicinato a est e a sud, ma anche in Medio Oriente e in tutta l’Africa e nel mondo; un’Unione pronta ad assumersi maggiori responsabilità e a contribuire alla creazione di un’industria della difesa più competitiva e integrata; un’Unione impegnata a rafforzare la propria sicurezza e difesa comuni, anche in cooperazione e complementarità con l’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico, tenendo conto degli impegni giuridici e delle situazioni nazionali; un’Unione attiva in seno alle Nazioni Unite che difenda un sistema multilaterale disciplinato da regole, che sia orgogliosa dei propri valori e protettiva nei confronti dei propri cittadini, che promuova un commercio libero ed equo e una politica climatica globale positiva.
Probabilmente la dichiarazione di intenti di tutta la Dichiarazione dalla quale siamo oggi più lontani ... la UE e’ ancora quel gigante economico e quel nano politico del famoso stereotipo ... relativamente alla NATO, si tratta di una menzione rilevante (la sola di una altra organizzazione internazionale oltre alle NU), ma sui dettagli di quel “anche in cooperazione e complementarità”e di “tenendo conto degli impegni giuridici e delle situazioni nazionali  si può intendere tutto e nulla. Intendono gli Stati estendere le competenze comunitarie in tema politica estera, difesa, esercito comune, etc che oggi sono poco più che teoriche? Come riuscire a farlo in assenza di una “Europa politica”?
Menzione “casual” del tema dei cambiamenti climatici ... “politica climatica globale positiva” con aggettivo finale che non si capisca bene cosa stia a rappresentare, visto che non si riesce a concepirne una “negativa” ... a meno che non ci si riferisca alle temperature.
Perseguiremo questi obiettivi, fermi nella convinzione che il futuro dell’Europa è nelle nostre mani e che l’Unione europea è il migliore strumento per conseguire i nostri obiettivi. Ci impegniamo a dare ascolto e risposte alle preoccupazioni espresse dai nostri cittadini e dialogheremo con i parlamenti nazionali. Collaboreremo a livello di Unione europea, nazionale, regionale o locale per fare davvero la differenza, in uno spirito di fiducia e di leale cooperazione, sia tra gli Stati membri che tra di essi e le istituzioni dell’UE, nel rispetto del principio di sussidiarietà. Lasceremo ai diversi livelli decisionali sufficiente margine di manovra per rafforzare il potenziale di innovazione e crescita dell’Europa. Vogliamo che l’Unione sia grande sulle grandi questioni e piccola sulle piccole. Promuoveremo un processo decisionale democratico, efficace e trasparente, e risultati migliori.
Apprezzabile menzione del principio di sussidiarietà e sottoscriviamo assolutamente l’affermazione:

Vogliamo che l’Unione sia grande sulle grandi questioni e piccola sulle piccole.

... che riassume bene una delle ragioni dell’attuale periodo di difficoltà della UE, con gli Stati Membri in crisi di idee e visione e la Commissione che ha mutato il suo ruolo da facilitatore e gestore a quello di micromanager, perdendo di vista gli obiettivi di fondo.

Si cita l’attesa di “risultati migliori“ ... vogliamo prenderlo in senso positivo come una salutare, benché minima, autocritica.
Noi leader, lavorando insieme nell’ambito del Consiglio europeo e tra le istituzioni, faremo sì che il programma di oggi sia attuato e divenga così la realtà di domani. Ci siamo uniti per un buon fine. L’Europa è il nostro futuro comune.   
La Dichiarazione non e’ un programma ... il testo e’ stato costruito in modo da consentire a tutti di ritrovarvicisi ed interpretarlo a proprio uso e consumo ... il programma di lavoro va invece discusso da subito, per definire quali sia:
      -          L’interpretazione comune del contenuto della dichiarazione nei passaggi piu’ “nebulosi”;
      -          Gli strumenti concreti con i quali si intende attuarli;
      -          L’evoluzione delle “regole” (revisione dei trattati?)
      -          I tempi che non possono essere biblici;
 





giovedì 16 marzo 2017

CONSIDERAZIONI "A CALDO" SUI RISULTATI ELEZIONI OLANDESI


Se si dovessero utilizzare le solite categorie analitiche desuete, la collocazione politica del paese si troverebbe addensata fra la "destra liberale” (in realtà più liberista che liberale, ma non sottilizziamo troppo) del VVD, la "ultradestra" di Wilders, che è avanzata ma meno di altri partiti e soprattutto non abbastanza per conquistare maggioranza relativa, e la “destra confessionale" dei popolari del PVV.
  1. Il VVD ha perso le elezioni in termini relativi, perdendo 8 seggi, che sono stati parzialmente recuperati dai “liberali di sinistra" del D66;
  2. La “sinistra ecologista” del GL è avanzata in maniera consistente, più di tutti gli altri partiti in termini di seggi;
  3. La “sinistra laburista” tradizionale (PvdA) è crollata, riducendosi ad ¼ della sua rappresentanza parlamentare precedente, ed i suoi seggi non sono stati recuperati dai “cespugli” della “nuova sinistra” se non parzialmente
In somma analisi, il grande perdente è stata l’eurofobia fine a se’ stessa; d’altro canto, Rutte non può cantar troppa vittoria ma giusto una moderata soddisfazione, in quanto ha visto una consistente erosione della sua leadership … il liberismo duro e puro praticato in questi anni di governo lo ha logorato ma non abbastanza da fargli perdere la maggioranza. I laburisti hanno pagato evidentemente il logorio del loro modello di partito e la stasi del loro discorso politico, ancorata ad un mondo che non esiste più ed a paradigmi assai desueti su temi come lavoro ed immigrazione … l’elettorato d’area ha preferito altri lidi (il social-liberalismo del D66 o le nuove sirene ecolo-animaliste, portatrici di modelli economici e sociali assai eterodossi anche per l’Olanda.

Lo scontro politico diplomatico con la Turchia non pare aver invece inciso molto in termini di radicalizzazione dell’elettorato e di un voto “emozionale”.

Che succederà ora? Ci sarà un effetto anche sulle prossime elezioni francesi, ove un successo di Wilders avrebbe potuto favorire, per effetto domino, la candidata del FN? Difficile dirlo al momento, ritorneremo sul tema nei prossimi giorni dopo una riflessione nel nostro gruppo di discussione su FaceBook, alla quale vi invitiamo a partecipare.